I Cie sono luoghi in cui le persone vengono rese prigioniere. Imprigionate le relazioni, dentro reti e schiere di poliziotti; imprigionati i corpi e il desiderio di seguire il proprio percorso di vita, in Europa, in Italia nel Mondo. Nei Cie si entra provenendo da una disperazione fatta di guerre e di miseria, nei Cie quella disperazione incontra l’esito materiale di una Legislazione emergenzialista e xenofoba che abbiamo l’obbligo di cancellare. L’atto che l’Assemblea capitolina di Roma ha approvato all’unanimità, impegna il Sindaco e la Giunta a monitorare le condizioni di vita delle persone recluse affinchè venga garantita la dignità delle stesse e chiede la chiusura del Cie di Ponte Galeria nell’attesa dell’esito del monitoraggio.

Chiudere Ponte Galeria, questo chiede il Comune di Roma! Mettere fine alla storia di istituzioni totali, mascherate da luoghi di accoglienza. Con tale atto l’amministrazione entra in sintonia con una sempre più diffusa opinione pubblica e con le posizioni espresse da movimenti e associazioni. Sono gli stessi dati della polizia di Stato a confermare la mostruosità giuridica su cui si regge la legislazione securitaria che ha prodotto i Cie. Su 7.944 migranti trattenuti nei Cie, solo la metà sono stati effettivamente rimpatriati, con un tasso di «efficacia» del 50 %. Nei Cie vengono recluse persone che hanno commesso il solo reato di non avere di documenti, reato punito con il carcere. A questo abuso, si aggiunge quanto viene denunciato da anni dalle associazioni e dai movimenti e cioè il carattere disumano dei centri. È lo stesso Tribunale di Crotone a confermare con una sentenza storica a stabilire l’indecenza di questi centri. Lo stesso tribunale allude addirittura al carattere discriminatorio dei centri di reclusione. Si legge infatti nella sentenza del dicembre 2012: «(…) si tratta di strutture al limite della decenza, intendendo tale ultimo termine nella sua precisa etimologia, ossia di conveniente alla loro destinazione: che è quella di accogliere essere umani». E aggiunge: «E, si badi, esseri umani in quanto tali, e non in quanto stranieri irregolarmente soggiornanti nel territorio nazionale».

Il tempo è maturo per alzare il livello della mobilitazione per mettere fine all’esistenza di questi luoghi di sospensione del diritto. Nei prossimi giorni a Roma verrà presentata l’iniziativa, che coinvolge il Comune di Lampedusa e il Comune di Roma, intorno a progetti che riguardano gli orti urbani promosso da Terra! Onlus e Legambiente Lampedusa. Verrà inoltre presentato il gemellaggio tra il Municipio Roma VIII e l’Isola di Lampedusa. Insieme alla mobilitazione, infatti, dobbiamo creare le condizioni per potenziare le reti di collaborazione tra società civile, movimenti e istituzioni locali al fine di rappresentare qui ed ora un altro modello di accoglienza fondato sul diritto alla libera circolazione e il rispetto della dignità umana. Abbiamo il compito concreto di fare società a partire da una visione di Europa che superando la stagione dei respingimenti e delle barriere culturali e giuridiche misuri la propria azione di accoglienza intorno ai valori della cooperazione e non a quelli dell’utilitarisimo economico e della competizione militarizzata.

*capogruppo di Sel in Campidoglio