Di terremoti è squassata la penisola italiana e non solo negli anni recenti che segnano momenti vergognosi e non meno scandalosi della storia della Repubblica. Precedente al più noto alle cronache terremoto di Messina del 1908, è quello che colpisce la Calabria centrale nel settembre del 1905 e che devasta un’area che va da Cosenza alla provincia di Vibo Valentia.

Parte da qui, da questo fatto sostanzialmente rimosso della storia patria il nuovo brillante e seducente romanzo giallo di Francesco Abate, Il complotto dei Calafati (Einaudi, pp. 272, euro 17,50 ). O meglio, parte da un ricevimento – un vero e proprio gala cui partecipa la crema della società bene cagliaritana – di raccolta fondi in solidarietà con i terremotati della Calabria.

AL CENTRO come già nel precedente romanzo I delitti della salina, la giovane e intraprendente Clara Simon. La vicenda si sviluppa partendo da un classico sparo che apre il romanzo e dà il via a un susseguirsi di misteri e oscure trame da chiarire e collegare le une con le altre. Al solito la narrazione di Abate non si limita a un’aderente e semplice forma giallistica di genere, ma mette al centro una ricostruzione storica mai di maniera, che è poi uno degli aspetti più efficaci e sostanziali del romanzo stesso.

Grazie a questa cornice solidissima e decisiva che rivela appieno le qualità letterarie di Abate, Il complotto dei Calafati diviene un’efficace metafora dei nostri giorni. Seppure il romanzo sia ambientato più di un secolo fa le dinamiche sociali appartengono totalmente alla nostra contemporaneità, come un’eredità forse mal voluta, ma da cui non si è mai stati in grado di liberarsi.

La rivolta dei Boxer in Cina, i misteriosi traffici commerciali così come le implicazioni politiche che da locali divengono globali, sembrano infatti gli ingredienti tipici di uno dei tanti crime americani che da sempre vengono celebrati con un atteggiamento più legato alla seduzione per l’esotico che per una consistente qualità della narrazione. In ogni caso al contrario di quanto solitamente avviene, qui non è l’immaginario drammatizzante a occupare la scena, ma l’ironia.

LA LEVITÀ di un panorama sardo che rivela solo piano piano la violenza insita negli uomini e nel loro potere. Clara diviene così l’ideale eroina di una vicenda che è parte già di una serie che ha tutte le potenzialità per andare anche oltre la pagina scritta. In Clara si fa sintesi il carattere e il corpo di una regione che all’arroganza del potere e del crimine offre un’aspra ironia che non ammette connivenze.

Il complotto dei Calafati offre così da un lato una mattanza che pare – ma solo all’apparenza – essere figlia di un locale regolamento di conti e dall’altra lo sguardo indomito di una giovane donna alla ricerca del padre, ma anche di una verità che non può più tardare a venire.

Abate inventa un giallo alla sua maniera in cui i personaggi e le ambientazioni dialogano al di là della vicenda, arricchendola e rendendo la lettura stessa un’indagine che va oltre la trama cogliendo un sapore letterario non banale tra le sue righe.