Visioni

Il compleanno, l’insondabile realtà tra follia e «normalità»

Il compleanno, l’insondabile realtà tra follia e «normalità»Una scena da «Il compleanno» di Harold Pinter, regia di Peter Stein,

A teatro Peter Stein porta in scena uno dei primissimi testi mandati in palcoscenico da Harold Pinter

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 3 dicembre 2022

Con Il compleanno (dopo le repliche al teatro Massimo, questo fine settimana ancora al Sannazaro di Napoli e in tournée fino a marzo) tornano di nuovo insieme uno dei più grandi drammaturghi del ’900, Harold Pinter (Nobel per la letteratura 2005) e uno dei maggiori registi di questi decenni, Peter Stein. Per la verità è la seconda volta che la regia di uno abbia portato in scena un testo dell’altro: era già successo con Ritorno a casa qualche anno fa. Ma il peso specifico di entrambi ne fa in ogni caso un appuntamento importante. Il testo affrontato ora è uno dei primissimi mandati in palcoscenico dall’autore inglese, e al suo debutto non fu particolarmente gradito del pubblico, anzi quasi ignorato. Pinter avrebbe raccontato in seguito con un sorriso divertito quanto ironico che quando andò a controllare l’affluenza degli spettatori a una delle prime repliche, ne contò solo 6, e non particolarnmente entusiasti. In realtà quel titolo fu presto rivalutato, perché con grande forza e «plasticità» esprimeva la poetica mordente dello scrittore: l’assoluta impenetrabilità della vita di ognuno, tra il mistero e l’inspiegabilità di comportamenti, paure ed azioni, che ciascuno si può trovare ad affrontare.

COME CAPITA a quell’ospite della smandrappata locanda sulla costa inglese, un tipo che nulla rivela di sé, e che un giorno viene raggiunto da due «sconosciuti», forse sicari, e portato via con la forza dopo che la sera prima era stato «festeggiato»il suo compleanno, per iniziativa della petulante e invadentissima signora che col marito svagato gestisce il poco accogliente «albergo» sul mare.
Il compleanno, chissà se vero o inventato, diviene così una «cerimonia» sacrificale, di cui non conosceremo le cause ma solo gli sviluppi, ovvero il sequestro del malcapitato e la sua obbligata partenza con i due «killer», se tali sono quei due sbracati prepotenti. È l’insondabile quotidianità della vita ad imporsi, violenta e ignara quanto i comportamenti attorno a noi.

Spettacolo calibrato al millesimo, con ottimi attori come Alessandro Averone

PETER STEIN, grande maestro del realismo a teatro fin dai tempi (ma forse anche prima) dei trionfi con la Schaubuhne berlinese, dalla mitica Orestea ai testi di Botho Strauss, e poi ancora con altri titoli entrati nella leggenda, dalla meravigliosa trilogia di Cechov a Shakespeare a Goethe (un Faust leggendario con Bruno Ganz ad Hannover di ragguardevole durata) fino ai grandiosi Demoni da Dostoevskij realizzati in Italia. Anche con Pinter la sua «precisione» registica è perfetta. Realista e orchestrata da mostrare evidente la follia della «normalità». E così anche il suo mistero, vero o indotto, o anche semplicemente presunto.
Uno spettacolo quindi calibrato al millesimo, con attori ben allenati a lavorare col maestro, da Alessandro Averone, protagonista vittima della propria stessa vaghezza (o di qualche misterioso e colpevole trascorso) a Gianluigi Fogacci (uno dei due misteriosi killer), fino a Maddalena Crippa, che con la sua intraprendenza attoriale arriva a conferire un ruolo quasi protagonistico alla svagata tenutaria della pensione (caratterizzandola brillantemente, senza risparmiarle qualche gustosa inflessione brianzola).

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