Il comico come strategia per il dramma quotidiano
Scaffale Francesco Permunian è in libreria con «Teatri minimi della Valpadana», una serie di racconti brevi che danno forma ad un’insolita antologia comica
Scaffale Francesco Permunian è in libreria con «Teatri minimi della Valpadana», una serie di racconti brevi che danno forma ad un’insolita antologia comica
Come spesso capita nella letteratura contemporanea italiana, è tra gli appartati che è possibile cogliere quelle esperienze ancora più densamente letterarie capaci di intrecciare la tradizione con un’idea di contemporaneità scevra da ogni ambizione sul presente e sulla sua attualità. Tra gli interpreti più originali di quest tendenza vi è sicuramente Francesco Permunian, di cui Quodlibet manda ora in libreria Teatri minimi della Valpadana (pp. 176, euro 15), una serie di racconti brevi e come recita il sottotitolo «drammi & drammetti» che danno forma ad un’insolita antologia in un certo senso comica.
«Il comico come strategia», così recitava un convegno dedicato a Gianni Celati nel 2009 tenuto a Copenhagen: la strategia del comico rappresenta una delle possibili e più credibili vie d’uscita da una narrazione sempre più priva di lingua e di geografia mentale come fisica. Il comico quale inedito spazio retorico dentro al quale anche il dramma assume la solidità dei muri e delle case, e il tempo diviene quello solidissimo dei giorni: attraversamenti di strade e di campi, visi e corpi inadatti eppure riconoscibili in un panorama da classico contemporaneo.
UNO SPAZIO DENTRO CUI, in buona sostanza, come avviene nei bellissimi resoconti di Teatri minimi della Valpadana è possibile cogliere il cuore e il senso di quelle vite che furono anche Vite brevi di idioti come nel libro (forse il più bello) di Ermanno Cavazzoni, ma che rappresentano irriducibilmente una realtà e un’appartenenza visibile e palpabile, una percezione che solo la letteratura riesce a trasmettere con la fisicità di un’immaginazione efficacissima. Ovviamente, l’efficacia in Permuniam non è un punto di arrivo e tanto meno il frutto di una mera e ridicola performance, ma un punto di partenza, il motivo di un discorso che altrimenti non potrebbe nemmeno prendere avvio, ma solo frantumarsi in quel vasto lago che è il consumo mercantilistico.
Teatri minimi della Valpadana rende visibile un senso scomparso che connette geograficamente luoghi sconosciuti e resi invisibili da ovvietà e da una sempre più feroce cancellazione delle differenze. Non esistono concetti freddamente sociologici in Permunian, ma solo uno sguardo sicuro e saldo in grado di percepire l’esistenza come assoluto dato di fatto. Personaggi che stanno sicuramente dalle parti di Gianni Celati, ma anche di Piero Chiara, seppure con un’altra ambizione, ma sempre con la medesima tenerezza di sguardo. Pare di rivedere così tra i protagonisti di Teatri minimi della Valpadana, Pucci andare a braccetto con Temistocle Mario Orimbelli. Un’originalità che stacca e rende la letteratura di Francesco Permunian assolutamente originale, tanto nella fisicità delle sue storie quanto nella forza immaginativa di vite in forma di sogno.
Un libro da leggere e rileggere, da compulsare tra il comodino e l’autobus, una guida utile a interpretare la fatica che riversa su ognuno di noi una realtà ostile nella sua violenta incomprensibilità, eppure anche capace di contenere mondi altri, quelli che Francesco Permunian, con l’abilità di uno speleologo, sa riportare alla luce.
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