È uno scontro fra titani quello che occupa la scena mediatica del pomeriggio di ieri. Beppe Grillo, che il giorno prima aveva incitato il parlamento a votare la sfiducia al ministro Luca Lotti indagato nell’ambito dell’inchiesta Consip, posta sul suo blog un nuovo commento. Dall’intervista di Renzi su La7, la sera prima, ha avuto l’impressione – non solo lui, va detto – che l’ex premier in qualche modo “scaricasse” il «babbo». «L’unica notizia vera è la frase più infelice e stupida della storia, quella del rottamatore che riuscì a rottamare il solo il padre», scrive Grillo. Fra un insulto e l’altro (Renzi viene definito «il menomato morale») Grillo se la prende con la «doppia condanna» che con retorica a ampie manate l’ex premier ha chiesto in caso di condanna.

Poi però cambia di colpo registro parte lancia in resta contro la stampa. «Titolismo puro», «allusioni», «ricostruzioni fantasiose di gruppetti senza alcun senso». Ma non è il solito attacco. Stavolta c’è un passaggio in più: è sempre la «finanza creativa» a pagare «i giornali» (tutti, a Grillo non interessano i dettagli) e questi trasformano «i fastidi dei poteri forti in gialli di quart’ordine immersi in intricate, quanto inverosimili, “vicende giudiziarie”». Insomma si intravede quantomeno un tono nuovo, per il comico genovese, un inedito scetticismo sulla vicenda giudiziaria della Consip almeno per come viene raccontata dai media. A leggere bene la chiusura, Grillo si mette persino un po’ nel mazzo insieme a Renzi quando conclude che «l’informazione fagocita il dialogo sociale e qualunque possibile tentativo di fare (bene o male che sia) ci viene strappato di mano, ogni volta che apriamo un giornale».

È un tono quantomeno sorprendete per una forza politica che fin qui prendeva per oro colato l’inchiesta e attaccava alzo zero il ministro Lotti. Per il quale propone una mozione di sfiducia. Sembra accorgersene il senatore dem Stefano Esposito, che rilancia una notizia pubblicata sul Fatto: nell’inchiesta Consip è saltato fuori un nome vicino ai 5 stelle, quello dell’assessore romano Andrea Mazzillo. Sarà per questo che Grillo ora scrive che l’inchiesta è raccontata come un giallazzo?

Ma Matteo Renzi, ieri in una pausa della campagna delle primarie, lascia questo terreno ai suoi. E dalla sua casa di Pontassieve replica a Grillo con un lungo post in difesa del «babbo». Toni offesi, un di più di enfasi retorica che finisce per virare nell’effetto Libro cuore. Stavolta niente politica, risponde ex premier, stavolta «ti scrivo da padre. Ti scrivo da figlio. Ti scrivo da uomo». Un fiume di sdegno, in piena: «Hai fatto una cosa squallida: hai detto che io rottamo mio padre. Sei entrato nella dinamica più profonda e più intima – la figlio – senza alcun rispetto. In modo violento», «hai cercato di violare la dimensione umana della famiglia». Difende il padre, «un uomo di 65 anni», («tre anni meno di te», aggiunge con qualche malizia), indagato già scagionato da tutto una volta. Difende il nonno amatissimo da «nove nipoti», racconta storie intime – la nascita di un figlio, gli abbracci con la moglie- rivela alla rete tutto quello dovrebbe essere rispettato. «Buttati come sciacallo sulle indagini. Mostrati per quello che sei», conclude, ma giù le mani dalla «relazione umana tra me e mio padre», «spero che un giorno ti possa vergognare – anche solo un po’ – per aver toccato un livello così basso».

Al Renzi umano, un tantino troppo umano, Grillo controreplica raggiante: «Si derottamano padri solo se la rottamazione è una gaffe comprovata». Ai social l’ardua sentenza. Per il momento un sondaggio di Ilvo Diamanti per Repubblica segnala il calo del Pd di due punti rispetto al mese scorso, 27,2%, scavalcato dai 5 Stelle al 28,8%.

Nella contesa delle primarie invece il problema non si pone, per ora: l’ex segretario è ancora favoritissimo. Ma la corsa si fa un po’ più in salita. Il gruppo dirigente è in fibrillazione dopo la (ri)esplosione dell’inchiesta che tocca «babbo» Renzi e l’amico ministro Lotti.

Su quest’ultimo presto una camera dovrà votare la fiducia. A Montecitorio i numeri della maggioranza sono a prova di bomba, al senato la tradizionale non partecipazione a voti di questa natura da parte di Forza italia farà da scudo impenetrabile a difesa del ministro e al governo. Ma il dibattito, quando avverrà, sarà l’occasione di nuove polemiche, veleni, attacchi. Né tutta la solidarietà fa bene alla salute. Ieri, per esempio, è arrivata quella di Mirello Crisafulli, il maggiorente dei voti Pd a Enna, già vicino a D’Alema: uno che i renziani della Leopolda considerano un simbolo di politica non bella, da cui tenersi alla larga.