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Il cinema giapponese a spasso nel tempo

Il cinema giapponese a spasso nel tempoUna scena da "River" di Yamaguchi

Maboroshi Nel Sol Levante il 2023 è stato l'anno in cui sono ritornati in voga i lungometraggi con tematiche legate ai paradossi temporali

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 8 dicembre 2023

L’anno che si sta per concludere ha portato, per il cinema giapponese, il ritorno alla ribalta di molti grandi nomi, da Hayao Miyazaki a Takeshi Kitano, da Shin’ya Tsukamoto a Godzilla. Ma per l’industria cinematografica del Sol Levante il 2023 è stato anche un anno in cui sono ritornati in voga i lungometraggi con tematiche legate ai paradossi temporali.

Il viaggio nel tempo o i loop temporali non sono di certo una novità, la settima arte, così come si è sviluppata nell’arcipelago, ha pescato spesso, in passato, da manga, romanzi o pièce teatrali incentrati su queste tematiche. Di solito non si tratta tanto di lavori di fantascienza classica, ma piuttosto di narrazioni che partendo dall’espediente del salto nel tempo o dell’anomalia temporale, esplorano anche temi esistenziali, approfondendo il senso del destino e quello dei sentieri della vita che si biforcano.

Il lavoro più conosciuto in questo campo rimane, forse, ancora oggi Toki o kakeru shojo (La ragazza che saltava nel tempo), romanzo pubblicato da Yasutaka Tsutsui fra il 1965 e il 1966 e adattato più volte per il grande e piccolo schermo. Fra i lungometraggi più riusciti tratti dal libro di Tsutsui vanno ricordati almeno il live-action diretto da Nobuhiko Obayashi nel 1983 e il lungometraggio d’animazione del 2006, lavoro che fece conoscere il nome di Mamoru Hosoda al grande pubblico. In anni più recenti, questa tendenza è continuata con lavori quali Summer Time Machine Blues, It’s a Summer Film o Beyond the Infinite Two Minutes. Quest’ultimo in particolare, uscito nel 2020 e diretto da Junta Yamaguchi, esplora l’effetto Droste declinato nel tempo, in un’opera divertente, a basso costo ma molto ingegnosa e che in qualche modo cerca di ricalcare le orme del celebre successo Zombie contro zombie – One Cut of the Dead con cui Shin’ichiro Ueda conquistò il pubblico di tutto il mondo.

Yamaguchi continua ad esplorare le possibilità narrative offerte dai paradossi temporali in River, film uscito nelle sale dell’arcipelago quest’estate. Nel lavoro, ogni persona che si trova in una pensione immersa nel verde nella prefettura di Kyoto, si accorge di rivivere lo stesso periodo di due minuti un numero quasi infinito di volte. L’espediente del loop temporale, oltre al piacere del risolvimento della trama, per niente banale, è usato nel lungometraggio anche per esplorare le relazioni personali di ognuno dei protagonisti. Un film leggero, ma ben costruito, con un’ottima fotografia e in fin dei conti molto riuscito.
Uscito alla fine dell’anno scorso, ma proiettato anche quest’anno nei cinema e successivamente sulle piattaforme streaming è Mondays: See You “This” Week. Diretto da Ryo Takebayashi, si tratta di una commedia in cui i colleghi che lavorano in un ufficio di un’azienda pubblicitaria sono intrappolati in un loop di una settimana. Meno riuscito di River, il film funziona comunque, anche grazie alla presenza della talentuosa Wan Marui, come un’interessante satira del mondo lavorativo giapponese, e non solo, dove le settimane sembrano susseguirsi l’una uguale all’altra, quasi senza fine.

In uscita oggi otto dicembre è invece Ano hana ga saku oka de, kimi to mata deaetara, film tratto da un romanzo di enorme successo fra la generazione degli adolescenti. Una studentessa delle superiori insoddisfatta della sua vita e dopo un litigio con i genitori si ritrova scaraventata indietro nel tempo, nel giugno del 1945. Qui incontra per caso Akira, un giovane soldato dai modi gentili e di cui si innamora, solo per scoprire però che il ragazzo è un pilota kamikaze destinato alla morte.

matteo.boscarol@gmail.com

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