Il Cile dei ricchi ha scelto l’ultradestra di Kast
America latina A Santiago, viaggio fra i sostenitori del candidato pinochetista che domenica va al ballottaggio contro i socialdemocratici di Boric
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A Santiago del Cile è estate, nei parchi di Providencia – una delle aree più benestanti della capitale – c’è chi fa yoga, chi porta a passeggio il cane e chi fa pratica con lo skateboard. Sono giorni cruciali per il Cile: sono gli ultimi di campagna elettorale per le elezioni presidenziali più importanti dai tempi di Pinochet. Dopo le enormi proteste sociali che hanno scosso il Paese dall’ottobre del 2019, a sfidarsi il prossimo 19 dicembre – in una serratissima battaglia in cui ogni voto conta – saranno il rappresentante della coalizione di sinistra Gabriel Boric e il candidato di ultradestra Josè Antonio Kast. In una piazzola al centro del quartiere sono riunite un centinaio di persone che sventolano bandiere della campagna per Kast. Questo però non è un evento come gli altri: è stato infatti organizzato da Francisco Muñoz, alias Pancho Malo, ex capo degli ultras della squadra calcistica cilena Colo-Colo. Muñoz è un personaggio controverso, profondo ammiratore di Pinochet e Trump, ha avuto vari problemi con la giustizia e nel 2000 ha pugnalato a morte un ragazzo.
«QUESTA SETTIMANA dobbiamo parlare con le persone più povere e fargli capire che la sinistra li sta ingannando – grida una portavoce dal palco – Abbasso il comunismo». Kast ha 55 anni ed è un avvocato di origini tedesche. Fervente cattolico, è sposato e ha nove figli. Estefania e Marco hanno 24 anni, sono fidanzati e posano sorridenti sotto al palco tenendosi per mano quando alcune persone chiedono di potergli scattare una foto. Indossano una maglia bianca su cui è stampata una falce e un martello sbarrati da una croce rossa. «Noi siamo cristiani e Kast difende la nostra libertà di espressione e di culto – dicono – Non vogliamo il comunismo al potere, dato che storicamente è stato il maggior persecutore della Chiesa». Dal palco un portavoce grida: «Viva i Carabineros de Chile», forza dell’ordine che ha represso brutalmente i manifestanti della rivolta sociale: a oggi sono oltre 8000 i cittadini che hanno denunciato di essere stati mutilati, pestati o violentati dagli agenti.
Kast ama definirsi un outsider della politica, ma non lo è. Viene da una famiglia molto importante nella politica cilena e strettamente vincolata alla dittatura di Augusto Pinochet: il fratello è stato presidente della Banca centrale, ministro durante la dittatura e membro dei cosiddetti «Chicago Boys», il gruppo di economisti cileni che, sotto la dittatura, ha dato vita alle feroci misure economiche che hanno reso il Cile un paradiso neoliberale. Eletto deputato nel 2001, Kast aveva già corso alle presidenziali del 2017 ottenendo il quarto posto. Al primo turno elettorale che si è tenuto lo scorso 21 novembre, Kast a sorpresa è arrivato primo conquistando il 28% dei voti, sorpassando il 25% di preferenze per Boric.
PILAR ED EDUARDO hanno 48 anni e tengono i loro due bambini a cavalcioni sulle spalle, tutti indossano il cappellino della campagna. «Non vogliamo il comunismo – affermano con convinzione, mentre i partecipanti intonano l’inno cileno – vogliamo vivere in pace e senza violenza. Abbiamo paura che ci esproprino la nostra casa. Vogliamo vivere grazie ai nostri sforzi, con quello che ci guadagniamo ogni giorno lavorando. Non vogliamo regali da parte dello Stato». Come spiega la politologa dell’Universidad de Valparaiso, Javiera Arce, la vittoria di Kast è stata una sorpresa enorme anche per gli addetti ai lavori. Kast – sostiene – si è fatto portatore di un solo messaggio, lavoro e sicurezza, che arriva con forza ai cittadini. Claudia ha 44 anni, fa la commercialista e mentre parla accarezza il suo piccolo cagnolino, sul cui collare è attaccata una spilla con la scritta “Vota per Kast”. «La sinistra ha mentito alla nostra gioventù – dice – e ora sono convinti che tutto possa essere gratuito: educazione e cure mediche di qualità, trasporto e pensioni. Tutto questo non si può avere gratuitamente, bisogna lavorare e meritarselo. È molto crudele ingannare il popolo in questo modo».
Come afferma Javiera Arce: «Una grande fetta della popolazione vuole solo avere la metro a disposizione per poter lavorare e stare tranquilli. Queste persone vogliono solo potersi indebitare in pace. Tutto quello che è successo durante la rivolta, quello che pensavamo fosse la fine delle politiche neoliberali, non è accaduto. Kast ha avuto successo anche perché, a differenza degli altri, ha capito che il clima è cambiato radicalmente: in Cile il fuoco della rivoluzione è finito». La rivolta sociale, iniziata nell’ottobre del 2019, ha portato in piazza milioni di persone che protestavano contro le profonde disuguaglianze della società cilena, dove il 50% più povero della popolazione detiene solo il 2% della ricchezza e l’1% della popolazione il 26,5%. Nei tre comuni più ricchi di Santiago (Vitacura, Las Condes e Lo Barnechea) Kast, che in passato ha affermato «Se Pinochet fosse vivo voterebbe per me», ha vinto al primo turno con oltre il 50% dei voti.
MARCELA HA 66 ANNI, la carnagione chiara, i capelli corti e bianchi. Ha un sorriso gentile e sgrana i suoi grandi occhi azzurri mentre dice: «Ho già vissuto il comunismo, non voglio che ritorni. Per questo voto Kast». Le elezioni del 19 dicembre vengono definite come le più polarizzate dalla caduta di Pinochet, ma è una polarizzazione asimmetrica. Come spiega la politologa Beatriz Roque Lopez dell’Universidad Católica de Chile, mentre Kast rappresenta l’estrema destra, Gabriel Boric non può essere definito un candidato di ultrasinistra: le sue alleanze e il suo programma sono di carattere socialdemocratico. «Dopo la dittatura di Pinochet – afferma Lopez – si è installato nella popolazione cilena un enorme pregiudizio verso tutto ciò che sembra essere di sinistra, e una grande paura verso il Partito Comunista. Per questo la strategia di Kast è stata quella di dire che Boric è comunista».
A POCHE SETTIMANE dal voto Mauricio Weibel, una dei giornalisti più famosi del Paese, ha pubblicato un documento che prova l’appartenenza del padre di Kast, un cittadino tedesco naturalizzato cileno, al partito nazista. La notizia, confermata in seguito anche da Associated Press, ha trovato spazio sui giornali di tutto il mondo, ma non sembra aver scosso i sostenitori di Kast che dal palco avvertono: «Il popolo sta con Kast: se domenica vincerà la sinistra sapremo che le elezioni sono truccate. E ci stiamo preparando per affrontarle».
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