Internazionale

Il cielo sopra Marzahn

Il cielo sopra MarzahnI palazzoni di Marzahn, una cartolina del 1989 e una biciclettata anti-fscista

Tra i palazzoni in stile sovietico del mega quartiere modello di Erich Honecker, oggi serpeggiano paura, rabbia e pregiudizi. La Linke è ancora «il» partito, ma alle ultime elezioni per il sindaco i populisti di Alternative für Deutschland hanno guadagnato un preoccupante secondo posto con il 23,2% dei voti

Pubblicato circa 8 anni faEdizione del 11 ottobre 2016

Perfino l’orizzonte, a Marzahn, combacia con il grigio cemento. Prima del 1989 rappresentava l’orgoglio della «trincea socialista» nell’edilizia popolare. Dopo, un’area urbanistica di Berlino impossibile da gentrificare. E adesso solo un’infinita sequenza di plattenbau a misura della muta «rivolta» di Alternative für Deutschland, del risentimento nostalgico per la Ddr o dell’alienazione senza cura.

A un quarto di secolo di distanza, nella città-satellite della capitale tedesca la sostanza non cambia. I grattacieli popolari alti venti piani in stile sovietico sono colorati, avvolti dalla nuova classe energetica, abbelliti dall’arredo urbano identico al resto di Berlino. Ha aperto il centro commerciale East Gate che offre abbigliamento alla moda, elettronica di massa e l’illusione della passeggiata con o senza famiglia. La pensilina in vetrocemento è uguale a quella di qualunque altra periferia europea: fioraio, parrucchiera, bar, supermercato, bancomat, fino alla para-caserma del paintball con le armi di plastica. Dall’altra parte della Marzahner Promenade la multisala con l’abbonamento mensile al cinema: 22 euro e 50 cent la tariffa flat.

 

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Marzahn, il mega quartiere modello di Erich Honecker, oltre 60 mila appartamenti prefabbricati dal socialismo reale tedesco in soli cinque anni. Un distretto di 250 mila abitanti nuovo di zecca spalmato in 60 chilometri quadrati. La Siberia per i berlinesi dell’ovest, nel 1976 rappresentava l’elevazione più ambita per chi sopravviveva nelle kaserne sovraffollate e pericolanti. Adesso è giusto la Sim-City ereditata dall’Est: un universo chiuso, monotono, irrecuperabile.

Ci provano come possono quelli di Volkssolidarität, «soccorso rosso» operativo dall’ottobre 1945: almeno, garantiscono lo spazio sociale del Nähcafé che apre alle 10 e chiude lunedì e martedì alle 16.30, giovedì e venerdì alle 18. Come l’assistenza gratuita dei volontari di Diakonie, una tra le 70 agenzie di Welfare protestante, da 20 anni presenza quotidiana che testimonia la reale unificazione fra il crollo del vecchio mondo e la solitudine del nuovo muro.

I marchi nel 2016 sono quelli delle griffe più alla moda, come le suonerie dei cellulari che identificano ogni Under 18. Un panorama umano che sembra prigioniero di un’ideologia, qualsivoglia. Anche Stefan Komoss, ex sindaco del quartiere, uomo della sinistra Spd, riflette amaramente a voce alta: «Alle elezioni del 13 settembre a Marzhan-Hellersdorf la destra ha vinto in due circoscrizioni svantaggiate con il 30%. Dove vivo io, a Kaulsdorf, i consensi sono arrivati al 20%». Uno scenario di paura, rabbia e pregiudizi. E il futuro prevede sette centri profughi disseminati fra i palazzoni. «Fino al 2012 non c’era alcun estremista di destra, poi con il primo ostello per rifugiati è esploso il fenomeno di massa». Dalle urne di Marzahn si percepisce il trend inquietante del malessere d’altri tempi, alle ultime elezioni per eleggere il sindaco di Berlino, ha votato il 59% dei 209.842 aventi diritto. La Linke è sempre «il» partito con il 26% dei consensi, ma ha perso per strada più del 5% dei suoi elettori. La Spd ha bruciato un altro 8% di sinistra, accontentandosi del 18,3%. Invariata, invece la Cdu che conferma quota 17,2%. I Verdi che retrocedono al 4,6% hanno visto svanire l’1,2% delle preferenze.

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La vera alternativa a Marzahn così è il populismo di Afd, secondo partito con il 23,2% dei voti.

Sintetizza meglio di qualunque analisi sociologica l’anima nera che abita i maxi-condomini in calcestruzzo.

Del resto, lungo Landsberger Allee la vita è scandita dal ritmo di bus, tram e metro. O, peggio, dalle bottiglie di birra scolate in piedi, appoggiati al muro di cemento armato. Due ragazzini provano a utilizzare il cortile con un pallone, mentre i coetanei oscillano al ritmo delle cuffiette fino al prossimo hamburger. Gli anziani portano scritto in faccia il destino dei sopravvissuti alla convertibilità della pensione. Nel marasma silenzioso delle abitudini quotidiane, spiccano volti orientali insieme a famiglie turche e agli africani. Un melting pot ben diverso rispetto all’internazionalismo della Berlino radical chic, distante appena una decina di chilometri.

Ma Marzahn non è un ghetto, perché il decoro si ostina a fiorire dalle piccole finestre. Di certo, non può più essere la cartolina della Germania Est. In appena 25 anni si è trasformata soltanto nella facciata post-moderna del consumismo. Tutti uguali, come prima. Difficile poter sostenere che, sul serio, tutto sia meglio di prima.

Magari il peggior incubo del passato è pronto a cancellare perfino la storia dell’Armata rossa che libera Berlino.

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