Il cibo c’è, ma i Paesi in via di sviluppo ne avranno meno
Internazionale

Il cibo c’è, ma i Paesi in via di sviluppo ne avranno meno

Il rapporto Food Outlook 2023 Presentate le stime sulla produzione di cereali, latte e carne. Con previsioni negative sull’import-export
Pubblicato 12 mesi faEdizione del 11 novembre 2023

Fotografia dei mercati alimentari globali, il rapporto biennale Food Outlook 2023 appena pubblicato dalla Fao (Organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura) offre le ultime stime su produzione, commercio e utilizzo di cereali, semi oleosi e altri grassi, carne, pesce, latte. Quanto alla produzione, «le ultime stime per la maggior parte degli alimenti di base sono favorevoli, ma eventi climatici estremi, crescenti tensioni geopolitiche e improvvisi cambiamenti politici comportano rischi e potrebbero potenzialmente alterare i delicati equilibri fra domanda e offerta».

SI PREVEDE per il 2023-2024 una riduzione nel volume degli scambi dei cereali diversi da grano e riso, malgrado un aumento della produzione mondiale di mais. Anche il commercio mondiale di oli vegetali e grassi dovrebbe subire una modesta flessione, accanto all’aumento della produzione e del consumo globale. Probabile diminuzione dell’import-export nel prossimo anno anche per zucchero, prodotti lattiero-caseari, carne e pesce.
Il Food Outlook aggiorna anche le stime Fao sulla spesa per le importazioni alimentari a livello mondiale nel 2023: si prevede che raggiungerà i 2000 miliardi di dollari, +1,8% in più rispetto al 2022. Le quotazioni internazionali di ortofrutta, bevande e zucchero (generi alimentari dall’impatto opposto sulla nutrizione e sulla salute) sono aumentate, quelle degli oli vegetali e animali sono diminuite.

PER I PAESI meno avanzati, i paesi in via di sviluppo importatori netti di alimenti e i paesi dell’Africa sub-sahariana, si prevede una contrazione dell’11% della spesa aggregata per l’import (non necessariamente per una maggiore indipendenza alimentare). Il rapporto offre anche una panoramica sull’andamento dei prezzi interni degli alimenti nei paesi a basso reddito importatori netti di prodotti alimentari, con un picco nell’aprile 2022, poi una discesa e una ripresa nel luglio 2023.

Le tante tabelle illustrano dinamiche globali e nazionali, non solo produttive ma anche geopolitiche, sanitarie e ambientali. Alcuni esempi. Scendono i prezzi internazionali delle carni, soprattutto del pollame, per via di un’offerta globale abbondante. In aumento continuo anche la produzione di pesci, di cattura e allevamento (oltre 180 milioni di tonnellate). Si prevede un aumento del consumo di grano sia come cibo che come mangime, soprattutto in Cina. Il paese poi torna a importare carne bovina da vari paesi occidentali (dopo 22 anni, effetto mucca pazza) e carne suina dalla Russia (questione peste suina). L’Arabia saudita dal canto suo dopo 21 anni apre alla carne sudafricana in seguito a ispezioni nei macelli e nei silos. L’Ucraina rimuove il bando al pollame polacco salvo per le aree colpite dalla malattia di New Castle. E l’Unione europea prosegue con l’esenzione doganale per tutti i prodotti ucraini (carne compresa). L’Indonesia contesta le norme anti-deforestazione dell’Ue rispetto al suo olio di palma.

INTANTO IL BURKINA FASO investe nell’«Offensiva agropastorale e alieutica 2023- 2025» puntando su otto prodotti fra i quali riso e mais ma anche niébé, sesamo, sorgo.
Questo quadro globale va visto anche alla luce di un altro rapporto Fao, The State of Food and Agriculture 2023, sul costo nascosto (nel senso che non si riflette nei prezzi) dei sistemi agroalimentari: oltre 10.000 miliardi di dollari all’anno, ovvero il 10% del prodotto interno lordo (Pil) mondiale. I maggiori costi nascosti (oltre il 70%) sono legati alle diete non salutari. Un quinto dei costi totali, poi, è di tipo ambientale, legato alle emissioni di gas serra e di azoto, al cambiamento di destinazione d’uso dei terreni e all’utilizzo dell’acqua. I paesi a basso reddito sono in proporzione i più colpiti dai costi nascosti, che rappresentano più di un quarto del loro Pil e sono associati a povertà e a sottonutrizione.

TASSE, SUSSIDI, LEGGI e regolamenti sono leve che i governi possono utilizzare. Nel bene e nel male: secondo Detox Development: Repurposing Environmentally Harmful Subsidies (primavera 2023), della Banca mondiale, sono dannosi dal punto di vista ambientale e sociale molti dei sussidi in agricoltura, pari a oltre 635 miliardi di dollari all’anno, e alla pesca, oltre 35 miliardi di dollari l’anno.

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