La Galleria Umberto I da ieri è impacchettata, ma non è un’opera di Christo. Sabato scorso si staccarono i massi che colpirono Salvatore Giordano, il ragazzo di 14 anni morto mentre passeggiava con gli amici in via Toledo. I Vigili del fuoco hanno riscontrato 6 fronti di rischio e deciso di mettere il nastro rosso ai tre varchi rimasti aperti. I turisti avranno pensato all’ennesima dimostrazione di quanto sia pittoresca Napoli e, sfidando il pericolo, si avventuravano comunque oltre la barriera di plastica. I commercianti sono in ginocchio e gli amministratori di condominio preoccupati.

La procura di Napoli giovedì ha emesso 44 avvisi di garanzia, 4 a dirigenti comunali, per crollo colposo. Nel pomeriggio sono arrivati i tecnici di Palazzo San Giacomo con pompieri e polizia municipale e si è deciso di transennare 4 zone critiche, riaprendo i varchi di ingresso tranne quello su via Toledo (sotto sequestro). Intanto, è stata chiusa pure la Galleria Principe, di fronte il Museo Archeologico. Transenne anche all’ingresso monumentale di Palazzo Reale, dove l’ex premier Mario Monti aveva annunciato l’arrivo di fondi (13 milioni) per la ristrutturazione. Intanto che arrivano, il vento ha fatto staccare dei marmi. Nel 2013 a Napoli sono stati 700 i provvedimenti emessi dalla Protezione civile per intimare a privati la messa in sicurezza.

Il sindaco Luigi De Magistris ieri ai cronisti ha risposto «no comment, parlo lunedì». Ma in precedenza a chi chiedeva il perché della sospensione del progetto Sirena, con cui si finanziavano le ristrutturazioni di edifici privati, replicava: «Per fare le cose ci vogliono risorse». Col comune impegnato nel piano di rientro dal predissesto, l’unica possibilità nell’immediato è «per le ristrutturazioni una detassazione totale della Cosap (l’imposta sull’occupazione di suolo pubblico che si paga per le impalcature ndr) per la parte comunale».

La Galleria Umberto risale ai lavori di sistemazione della zone prospiciente il teatro San Carlo a fine ‘800, ai primi del ‘900 era il cuore della Napoli degli artisti e degli impresari. Oggi è divisa in condomini abitati da professionisti, commercianti, banche, l’ordine degli Architetti e quello degli Ingegneri, c’è persino una sede della massoneria. Di pertinenza del comune la tutela dell’incolumità dei cittadini, la copertura in vetro, la pavimentazione e le gallerie che portano allo storico Salone Margherita, un tempo regno del Cafè chantant. Da ieri mattina sono cominciati i lavori di messa in sicurezza, dopo i tanti crolli che hanno preceduto la tragedia. Gli interventi sono previsti dall’ordinanza firmata dal sindaco (che secondo la procura è parte offesa), eventuali interventi saranno effettuati anche in danno dei proprietari. Tocca al tribunale stabilire le responsabilità tra i condomini e il comune. Polemiche anche con la soprintendenza, a cui tocca la tutela dei beni monumentali.

Intanto ci sono i numeri: «Dal 2009, con l’introduzione del federalismo municipale, a oggi – spiega l’assessore al Bilancio, Salvatore Palma – c’è stato un taglio dei trasferimenti al comune di Napoli di 300milioni, a cui si deve aggiungere un calo del gettito dalle tasse a causa della crisi economica. I settori più colpiti sono la manutenzione degli edifici, delle strade, del verde e degli edifici scolastici, la cultura, la tutela dei beni storico-artistici, i trasporti».
Il centro storico di Napoli, uno dei più vasti in Europa, si sta sfaldando. Al 70% i proprietari sono la Chiesa e poi i privati. Per incentivare le ristrutturazioni l’amministrazione pensa a tagli alla Cosap: «E’ però un paradosso – prosegue Palma – perché il governo toglie fondi e ci costringe a coprire i servizi essenziali aumentando le tasse locali, così non abbiamo margine di manovra. Un incentivo di questo tipo ci costringe a rinunciare a qualche milione in bilancio. Meglio che altre disgrazie. Ministero e regione avrebbero però la possibilità di finanziare la manutenzione dei centri storici».

Napoli, capitale della regione più povera d’Italia, rischia di morire di austerity. Ieri i movimenti hanno occupato simultaneamente l’ufficio provinciale del Lavoro, il consiglio comunale ed effettuato un blocco stradale: contro la precarietà, la miseria della cassa integrazione cronica e i licenziamenti politici alla Fiat dal un lato; la richiesta di finanziamenti alle misure per l’emergenza abitativa dall’altro, oltre al blocco degli sfratti e l’opposizione al «piano Lupi». Nel pomeriggio in corteo verso la prefettura. Dove appostare le risorse pubbliche è una decisione politica: se i centri storici crollano e non c’è lavoro non è per una fatalità.