A Roma c’è la presidente del parlamento europeo in visita ufficiale, Roberta Metsola è anche una delle figure preminenti del Partito popolare europeo. Ma non può incontrare né la presidente del Consiglio, perché Giorgia Meloni è malata, né il leader e fondatore del principale partito italiano del Ppe, Forza Italia, perché Silvio Berlusconi è come un appestato per il gruppo dirigente del primo partito dell’europarlamento, che già lo ha espulso dal suo Pantheon dove non figura più nemmeno nella categoria «ex primi ministri».

Proprio in coincidenza con la visita di Metsola arriva lo strappo finale. Brusco come un tweet, quello che basta al presidente del Ppe, il bavarese Manfred Weber, per far sapere che «a seguito delle affermazioni di Silvio Berlusconi sull’Ucraina abbiamo deciso di annullare le nostre giornate di studio a Napoli. Il supporto per l’Ucraina non è facoltativo».

UNO SCHIAFFO IN FACCIA a Forza Italia pesante, come vedremo, anche per il futuro dei popolari. Ma anche una mossa alla quale Weber è stato in qualche modo costretto, dal momento che quando hanno cominciato a circolare in Europa le ormai famose frasi di Berlusconi su Zelensky di domenica scorsa – «non sarei andato a parlare con lui, se cessava di attaccare le repubbliche autonome del Donbass questo non sarebbe accaduto, lo giudico, molto, molto negativamente» – immediata è scattata la rivolta dei popolari.

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Ben nove delegazioni del Ppe, in prevalenza dell’est Europa ma non solo (Polonia, Estonia, Lituania, Repubblica Ceca, Irlanda, Portogallo, Svezia, Lussemburgo e Belgio) hanno fatto sapere che avrebbero boicottato il fondamentale appuntamento del Partito popolare europeo previsto per luglio, pur di non incontrare Berlusconi. Weber ha reagito con una nota, nella quale ha respinto le affermazioni di Berlusconi, chiarendo che non riflettono la linea del gruppo: «La Russia è il paese invasore, l’Ucraina la vittima». Ma non è bastato. Così ieri, sfidando la reazione di Forza Italia, ferita nell’orgoglio, è arrivata la decisione di far saltare il vertice di Napoli.

NON UN APPUNTAMENTO come un altro quello che doveva tenersi il 6 e 7 luglio in Italia alla presenza anche di Ursula von der Leyen e Metsola e che adesso si sposterà altrove, magari proprio all’est. Perché in quella sede il Ppe avrebbe gettato le basi delle nuove alleanze europee in vista delle elezioni del 2024. Sul tavole c’è il possibile avvicinamento dei popolari ai conservatori di destra, al quale guarda caso sta lavorando proprio l’ultra atlantica Giorgia Meloni, in partenza per l’Ucraina giusto la prossima settimana. Per lei a questo punto il fatto che Berlusconi venga emarginato dai popolari europei non è affatto una cattiva notizia.

Il Cavaliere accusa il colpo e prova ancora una volta a offrire la sua versione dei fatti. «Con il mondo sull’orlo di una guerra nucleare, vengo criticato perché sto chiedendo che insieme ai sostegni per l’Ucraina si apra un tavolo per la pace. Questo è un dovere per un partito come il Ppe», scrive. Mentre a suo sostegno tutta Forza Italia, dai parlamentari ai ministri ai rappresentanti di rango inferiore, si profonde in dichiarazioni indignate contro Weber e di solidarietà con il fondatore.

Soprattutto Tajani, colui che nella galleria del Ppe ha sostituito Berlusconi, al quale Weber non ha fatto un favore in conclusione di tweet, scrivendo che «Antonio Tajani e Forza Italia nel Parlamento europeo hanno il nostro pieno sostegno». Così è il ministro degli esteri italiano a dover giurare che «Berlusconi è Forza Italia. Forza Italia è Berlusconi». Aggiungendo di «non condividere» la decisione di Weber «anche perché sull’Ucraina abbiamo sempre votato come il Ppe».