Il catasto e quei 2 milioni  di immobili fantasma
Case sul lago di Como – I-Stock/Getty Images
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Il catasto e quei 2 milioni di immobili fantasma

Fisco Le destre si oppongono alla revisione del catasto, e, intanto, sono stati spesi 20 mld per ristrutturare l’1% del patrimonio immobiliare. Senza limiti di reddito, né priorità
Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 9 marzo 2022

Con caratteristica nonchalance Matteo Salvini un giorno annuncia la marcia in Ucraina per fermare la guerra – marcia naturalmente mai intrapresa – un altro giorno cerca di far passare un emendamento nella commissione finanze della Camera per bloccare la revisione del catasto. La prova di forza della destra non è passata per un pelo (un solo voto di scarto). La vicenda ci ricorda che, anche se viviamo in tempi di guerra, l’attività politica e di governo ha tempi, scadenze e impegni da rispettare e la destra è sempre unita quando si tratta di difendere rendite e privilegi.

Abbiamo visto all’opera una destra, unita e compatta, che considera qualsiasi tentativo di ammodernare e riordinare il catasto un atto ostile. E considera l’aumento della pressione fiscale sulla ricchezza immobiliare, come ci chiede l’Europa, un attentato alla proprietà privata, un esproprio inaccettabile.

Il fatto che il patrimonio immobiliare contribuisca al gettito fiscale totale solo per lo 0,4 per cento, non importa più di tanto. La propaganda della destra è mirata a spaventare i proprietari di prima (e unica) casa al fine di non separarli dai grandi proprietari e ricompattare, così, il blocco sociale anti-tasse.

L’aggiornamento del catasto, che in qualunque paese liberaldemocratico è considerato un atto normale e scontato, in Italia assume un rilievo particolare perché abbiamo almeno due milioni di immobili “fantasma” ossia non dichiarati, non classificati e quindi non soggetti ad alcuna forma di tassazione. Tra questi sono innumerevoli le case rurali e i depositi d’acqua miracolosamente trasformati in ville con piscina; come anche numerosi gli abusi edilizi, a volte condonati e non ancora accatastati. Così, il tentativo di mettere in regola situazioni palesemente illegali ha suscitino una reazione tale da far vacillare il governo.

Il catasto, com’è noto, è lo strumento con cui lo Stato classifica i beni immobili, assegna loro un valore, crea le condizioni per regolarne la destinazione d’uso, i passaggi di proprietà, la tassazione. Un catasto aggiornato e digitalizzato può dare un contributo a intercettare e catturare le sacche di evasione fiscale, molto diffuse nell’ambito immobiliare.

Un catasto fatto di faldoni ammassati e polverosi è invece più funzionale agli interessi e agli affari di immobiliaristi e grandi proprietari. Il punto è tutto qui. Per la destra italiana il riordino catastale rappresenta una pesante intromissione dello Stato nell’economia, costituisce un freno al libero svolgimento delle transazioni immobiliari e degli d’affari. Esiste una declinazione domestica del liberismo, che si fa interprete non tanto dei settori “dinamici” del capitalismo, ma dei suoi settori “arretrati” (vedi le rendite immobiliari o dei concessionari degli stabilimenti balneari, ecc.).

Gli sforzi per un fisco più equo, in questo senso, costituiscono un’indebita interferenza nella naturale “gerarchia” sociale (tra vincenti e perdenti). La visione della società, propria di questa destra e purtroppo non contrastata con efficacia e rigore nella società e nelle istituzioni, fa breccia sulle paure e sulle preoccupazioni di larghi strati di popolazione.

Non sappiamo quanto durerà il governo Draghi, ma è certo che il suo cammino è destinato a incontrare ostacoli e contraddizioni sempre maggiori. Quella del catasto è solo un’avvisaglia. E farebbe un grosso sbaglio il Pd a pensare di nascondere i problemi e le tensioni interne dietro l’emergenza della guerra.

La contrarietà della destra alla revisione del catasto ci riporta direttamente dentro la scandalosa vicenda del superbonus per la riqualificazione energetica degli immobili residenziali. Come certifica l’Ufficio parlamentare di bilancio sono stati spesi finora 20 miliardi di euro per ristrutturare solo l’1 per cento del patrimonio immobiliare italiano. Un helicopter money senza alcun limite di reddito, senza alcun criterio di priorità, e senza alcun controllo (non a caso si contano truffe e frodi per alcuni miliardi). Una spesa fiscale che ha incrementato il valore di mercato delle prime e seconde case delle famiglie che ne hanno beneficiato. Abbiamo assistito a un colossale (e moralmente deplorevole) trasferimento di risorse verso i più ricchi.

Sono tutti intenti, maggioranza e opposizione, a rassicurare gli italiani che non saranno aumentate le tasse sulla casa. Nessuno, però, si chiede quale sia la ratio per cui non si batte ciglio sui 20 miliardi di soldi pubblici per migliorare le abitazioni e le ville private, mentre solo poche di queste risorse sono indirizzate verso i quartieri di edilizia residenziale pubblica e i condomini di periferia.

E vale ricordare l’irrilevanza del bonus affitti per le famiglie in affitto a basso reddito e le 150 mila sotto procedura di sfratto per morosità. La questione del catasto e del superbonus sono collegate e ci ricordano che in Italia esiste una grande questione di asimmetria fiscale, una diversità di trattamento che penalizza i cittadini meno abbienti e che accentua ineguaglianze tanto più inaccettabili quanto più sono le misure del governo e del parlamento a determinarle.

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