La motivazione ufficiale è «estraneità di materia» ma pare proprio che neanche nel decreto «Milleproroghe» c’è posto per il rinvio della moratoria sulle trivellazioni petrolifere. La decisione imbarazza soprattutto il Movimento 5 Stelle, che proprio sullo stop alle attività estrattive aveva puntato parecchio soprattutto fin dal referendum del 2016. Al momento, dunque, a febbraio del prossimo anno scadrà lo stop temporaneo alle ricerche di idrocarburi sancito nel 2019 e le aziende potranno riprendere le ispezioni nel sottosuolo, come richiesto soprattutto dagli esponenti della maggioranza di Italia Viva e dall’attivismo della Cisl.

DA QUI LE REAZIONI dei grillini, nonostante l’invito di Luigi Di Maio a cercare una soluzione ed evitare polemiche. «Vorrei ricordare che solo nello scorso mese di febbraio, interloquendo con il presidente della regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini, parlavamo di transizione energetica e futuro sostenibile», dice al manifesto la deputata Jessica Costanzo. Constata Luigi Gallo: «Nell’epoca della Green economy e dei 209 miliardi di euro del Recovery fund da spendere per rilanciare una economia più sana il governo non riesce a imporre lo stop alle trivelle nel nostro paese». Gallo individua una soluzione: «Come è accaduto per la proroga al superbonus 110% in legge di bilancio, toccherà a noi parlamentari e al M5S porre rimedio, proponendo lo stop all’estrazione di petrolio e metano con un emendamento al ‘Milleproroghe’».

LA VICENDA INQUIETA non poco i comitati ambientalisti che si sono battuti contro le trivelle, soprattutto in Basilicata. Per questo il ministro dell’ambiente Sergio Costa corre ai ripari. Tra le righe sembra considerare ormai acquisita la fine della moratoria ma riferendo del pozzo petrolifero di Marsico nuovo, in provincia di Potenza, per il quale l’Eni ha anche chiesto autorizzazione a costruire un oleodotto di dieci chilometri, raccogliendo l’opposizione di amministrazioni locali e comitati. Costa precisa: «Nel 2019 io ho emanato un decreto secondo il quale le società petrolifere, nel richiedere la compatibilità ambientale devono, tra l’altro, indicare anche la quantità di rifiuti prodotti e la loro destinazione, così come per le acque di strato, e altri elementi importantissimi che in quella valutazione erano assenti».

TUTTAVIA, per il coordinatore dei Verdi Angelo Bonelli, è proprio Costa, assieme all’altro ministro del M5S allo sviluppo economico Stefano Patuanelli, a essere responsabile della ripresa delle attività estrattive. «I ministri Costa e Patuanelli non hanno adempiuto alla legge, che prevedeva che la moratoria di ventiquattro mesi sulle autorizzazioni alla ricerca di idrocarburi dovesse essere finalizzata alla redazione del Piano delle aree idonee da realizzare entro diciotto mesi», afferma Bonelli.

L’EUROPARLAMENTARE Ignazio Corrao, uscito da poco dal M5S per aderire al gruppo dei Verdi europei, insinua per primo che ci sia un nesso tra nomina dell’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi e scelte energetiche della maggioranza. «Vorrei evitare di pensare ad una correlazione tra la conferma di Descalzi e il ritorno delle trivelle – dice Corrao – Non è questione di programma o di ideologie. Le fonti fossili hanno provocato nei nostri territori solo desertificazione economica e disastro ambientale. Il governo italiano non deve respingere la norma sull’abbandono delle trivellazioni, anche per rispettare gli impegni con l’Europa che ha varato il Green deal e deciso di impegnare ben il 37% dei fondi del Next Generation Ue a favore dell’economia verde». «In effetti, se riconfermi Descalzi non puoi aspettarti che Eni cambi le sue politiche energetiche e che le cose non vadano in questo modo», riflette ancora Jessica Costanzo.