Il caso di Griner nella war on drugs tra Putin e Usa
Il 17 febbraio 2022 Brittney Griner, cestista statunitense, è stata arrestata in Russia per possesso di droghe. Campionessa Ncaa e Wnba, 2 volte miglior marcatrice Wnba con le Phoenix Mercury, Griner dal 2015 gioca anche per la squadra Ummc di Ekaterinburg, per coprire il gap salariale con gli stipendi del professionismo maschile. L’arresto è avvenuto all’aeroporto internazionale di Sheremetyevo, quando le sono state trovate cartucce di vaporizzatori contenenti olio di cannabis, illegale nella Federazione russa. Esattamente una settimana prima della guerra all’Ucraina.
Fin da subito alcuni diplomatici Usa hanno ipotizzato che la detenzione sia usata come leva contro le sanzioni occidentali imposte alla Russia per l’invasione dell’Ucraina. Griner è stata considerata un “ostaggio di alto profilo”. A conferma di questi timori, dai primi di luglio circola la voce che la Russia sarebbe pronta a scambiarla con Viktor Bout, noto come “merchant of death” (mercante di morte) che nel novembre 2011 è stato condannato a Manhattan per cospirazione per uccidere cittadini e funzionari Usa, traffico di missili antiaerei e fornitura di aiuti a ‘organizzazioni terroristiche. Deve scontare 25 anni.
Il 7 luglio, seguendo il parere del team legale che la assiste, Griner si è dichiarata colpevole malgrado il suo medico curante avesse testimoniato di averle prescritto la cannabis per uso medico. Griner era stata sottoposta al test antidoping risultando negativa. Nel frattempo i cestisti Usa più famosi hanno lanciato una campagna dal titolo #BringHerHome.
La dichiarazione di colpevolezza non pone fine al caso, anzi! Potrebbe addirittura accelerare il procedimento a suo carico e creare le condizioni per lo scambio di prigionieri tra Mosca e Washington. Tutto dipende però dall’umore delle autorità russe perché l’ammissione di un’attività criminale rende difficile la qualifica di “ostaggio”. Tra i precedenti più recenti che potrebbero lasciare ben sperare, c’è il caso di Trevor Reed. Condannato a 9 anni per aver “aggredito” un poliziotto russo nel 2019, Reed è stato rilasciato il 27 aprile 2022 in cambio del pilota russo Konstantin Yaroshenko, condannato per narcotraffico.
Se da subito l’arresto dell’olimpionica di basket era sembrato politicamente motivato, sia dal fatto che il proibizionismo russo ha bisogno di pene esemplari sia perché si tratta di una cittadina statunitense, la richiesta di scambio di “prigionieri” conferma la qualità e le intenzioni del regime russo. La “guerra alla droga” non è solo una guerra contro le persone ma permette anche la creazione di motivi per ricattare.
Per quasi 15 anni, a partire dai primi anni Novanta, Viktor Bout ha venduto armi in tutto il mondo. In alcuni periodi le forniva a gruppi terroristici e ai governi che li combattevano. Dalla Liberia al Kirgizistan, dal Congo all’Angola, dalla Bosnia alla Colombia, passando sempre per gli Emirati Arabi e la Moldavia, Bout è stato il corriere di riferimento per chi avesse bisogno di ottenere armi. Armi che arrivavano da ex-repubbliche sovietiche che svuotavano arsenali e dalla Bulgaria. Dall’intervento USA in Afghanistan e dall’invasione dell’Iraq, grazie alla cronica rivalità interna all’amministrazione americana e al sistema di sub-contractor istigato dall’Amministrazione Bush, Bout forniva aerei alla FedEx e ad altri gruppi che muovevano materiali per Washington nel “grande Medio Oriente”.
Come mai un governo intento a “de-nazificare” uno stato vicino vorrebbe scambiare un’atleta arrestata per possesso illegale di sostanze “leggere” sotto controllo internazionale con qualcuno che, per almeno un paio d’anni, ha trasportato cocaina dalle Ande e oppio o eroina dall’Afghanistan? La domanda è retorica ma è anche la risposta a chi ritiene che con Putin si possa, anzi si debba, negoziare la “pace” e a chi pensa che il proibizionismo abbia fallito.
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