Lavoro

Il caso Dada: o la borsa o il lavoro

Il caso Dada: o la borsa o il lavoroI lavoratori di Dada

Finanzcapitalismo La storica azienda di servizi internet vuol tagliare di un terzo il personale della sede di Firenze che conta un centinaio di addetti, nonostante i conti in ordine e utili milionari. La Filcams Cgil: "Solo un'operazione speculativa, per aumentare il valore delle azioni sulla pelle dei lavoratori".

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 14 aprile 2018

Quando internet era il futuro, una piccola azienda fiorentina di informatica offriva modem e connessione alla rete senza bisogno di cambiare né il numero di telefono, né l’operatore. Fra i primi ad approfittarne fu l’Arci di Firenze, che nella seconda metà degli anni ’90 firmò una convenzione con Dada, per far arrivare internet nei circa 300 circoli della città e della provincia. Può bastare questo dato, per capire come la solidarietà al centinaio di addetti di Register.it, società del gruppo Dada che offre servizi di trasferimento e registrazione domini internet, piani web hosting, e server virtuali e dedicati, abbia portato centinaia di persone in piazza dei Ciompi. Intervenute ad una iniziativa tesa a finanziare la cassa di resistenza dei lavoratori, e per denunciare al tempo stesso che, nonostante un 2017 chiuso con 68 milioni di ricavi e un utile netto di un milione e mezzo, la nuova proprietà – il fondo finanziario anglosassone HgCapital – vuole mandare a casa un terzo del personale.
“E’ stupefacente la disinvoltura con cui la proprietà ha spiegato ai lavoratori che alla base dei tagli c’è l’obiettivo di aumentare i già robusti profitti – racconta Tommaso Fattori – una ‘marginalità’ del 12% è troppo bassa, ha detto ai dipendenti durante un incontro in Confindustria, mentre l’obiettivo del fondo è quello di arrivare al 20%”. La mozione in difesa dei lavoratori, presentata da Fattori e Paolo Sarti di Toscana a Sinistra, è stata approvata all’unanimità in Consiglio regionale. Ma a colpire, in piazza dei Ciompi, è la presenza di tutte le anime della sinistra fiorentina: da Potere al popolo, con la consigliera comunale Miriam Amato, Lorenzo Alba e il gruppo di studio sul lavoro, alla Filcams Cgil con il segretario fiorentino Massimiliano Bianchi e Gianluca Lacoppola. Poi il gruppo consiliare Firenze riparte a sinistra, con Rifondazione e Sinistra italiana, e alcuni delegati del sindacalismo di base.
Giuseppe Scappaticcio, delegato Filcams nella Rsu di Dada, è chiaro: “Il taglio dei costi del lavoro rientra in un’operazione speculativa. Il fondo finanziario HgCapital, che a gennaio ha aumentato la sua quota azionaria al 92%. è un fondo di private equity che, tipicamente, si occupa di compravendite di aziende, facendo profitti rivalutando le società tramite il taglio dei costi, partendo da quello del lavoro. Ma noi non ci stiamo. Anche i nostri colleghi di lavoro di Bergamo, una settantina, hanno capito la situazione e ci stanno dando una mano. Perché l’azienda è sana. E dopo una piccola flessione, negli anni più duri della crisi, oggi è in piena ripresa”.
Anche i compagni di lavoro di Scappaticcio, come Luisa Calomino e Giuliana Porretta, sono dello stesso avviso: “L’aumento dei margini di profitto è in gran parte funzionale ai giochi sui mercati finanziari. Ci sono ‘ristrutturazioni’ che non rispondono ad alcuna reale necessità produttiva, ma solo a ragioni speculativo finanziarie e a future manovre sui mercati. La sola ossessione ormai è quella degli andamenti in borsa, dei dividendi, dell’aumento del valore delle azioni”.
A tirare le somme ancora Fattori: “Abbiamo imboccato una strada senza uscita, siamo passati da un periodo in cui le aziende rivendicavano il diritto a delocalizzare, e a licenziare, per sopravvivere, a questa nuova fase in cui esplicitamente ammettono che l’obiettivo è aumentare i profitti e il valore di borsa, senza guardare in faccia a nessuno. E’ ovvio che occorrono soluzioni strutturali e che non saranno i mercati a fornirle spontaneamente, ma semmai una nuova capacità d’indirizzo e regolazione da parte della politica”.

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