Il cartello in divisa che gestisce il marcio della Grande mela
Narrativa Il rapporto della polizia di New York con la criminalità. «Corruzione» di Dan Winslow per Einaudi Sile Libero
Narrativa Il rapporto della polizia di New York con la criminalità. «Corruzione» di Dan Winslow per Einaudi Sile Libero
Che succede se il maestro noir più eccentrico in circolazione, Don Winslow, uno che ha sempre mostrato piena idiosincrasia per i luoghi abitualmente frequentati dalla crime story e che preferisce popolare i suoi romanzi con surfisti, pompieri, hippies passati dal consumo allo smercio e guerre tra cartelli, decide di misurarsi col tema più classico e abusato dell’intero genere, con una storia di sbirri corrotti nell’eterna capitale del poliziesco, New York City? Il risultato è Da Force, in Italia Corruzione (Stile libero Einaudi, pp. 542, euro 21, traduzione di Alfredo Colitto), un romanzone che quasi eguaglia in potenza i due grandi libri dedicati da Winslow alla «guerra dei Narcos», Il potere del cane e Il cartello, e alla fine si rivela persino più straziante.
Nei suoi lavori più ambiziosi Winslow intreccia realtà e fantasia, somma il mestiere di giornalista a quello del romanziere. I romanzi messicani potevano essere letti come agghiacciante e meticoloso réportage su una «guerra» che è tale non per modo di dire, essendo già costata qualcosa come 350mila morti. Anche in Da Force l’intento è raccontare la realtà nascosta della «nuova» New York, molto diversa dall’antica fucina del crimine: la città con i connotati rifatti dal drastico maquillage di Rudy Giuliani, con la sua tolleranza zero, e dai grandi processi che hanno quasi sgominato «Cosa nostra», ormai resa tra le più sicure a uso e consumo dei ricchi e ricchissimi che hanno fatto di Mahattan il loro ghetto dorato e procedono colonizzando sempre nuove aree a Brooklyn.
ANCHE IN QUESTA METROPOLI ripulita e presidiata da 38mila ragazzi in divisa blu resistono sacche a macchia di leopardo di miseria, emarginazione e crimine. Nelle strade i cartelli della droga neri e latini si combattono adoperando le gangs come manovalanza. Nella Borsa degli stupefacenti le quotazioni dell’eroina gareggiano con quelle della coca e spesso le superano. A Nyc, come in tutti gli Usa, le tensioni razziali sono una santabarbara nucleare sempre a un passo dall’esplosione e i Dipartimenti di polizia ci mettono del loro premendo il grilletto secondo il capriccio del momento: al 30 giugno le persone uccise dalla polizia negli states quest’anno erano 492, in media perfetta con le 963 del 2016 e le 991 dell’anno precedente.
IN QUELLE GIUNGLE detta legge la «Manhattan North Special Task Force», unità scelta di sbirri spaccaossa abbastanza potente da fregarsene della disciplina e non temere i superiori. Il pezzo grosso della squadra è il sergente Danny Malone, irlandese e figlio di poliziotti, una di quelle anime le cui intenzioni sono sempre state buone: essere un buon poliziotto, prendersi cura della famiglia, difendere i deboli che nelle strade selvagge sono sempre i primi a rimetterci.
Malone ha una moglie dalla quale sta divorziando e due figli adorati, tre compagni di squadra, molto più che fratelli, un’amante nera, colta ed elegante ma ex tossica e sempre sul confine di ricaderci. È rispettato e temuto come pochi nell’underworld di Manhattan. Ha anche un sacco di soldi, messi insieme infrangendo tutte le leggi.
Come hanno fatto Danny Malone e i suoi compagni a diventare sbirri corrotti? Come sono arrivati, senza nemmeno accorgersi di essere passati dall’altra parte della barricata, a vendere quella droga che avevano sempre cercato di eliminare dalla strade e dai ghetti? Semplice: un passo alla volta, varcando un confine dopo l’altro, ogni volta trovando la giustificazione adeguata.
DI GIUSTIFICAZIONI New York ne offre a volontà: perché nella Mela bacata del terzo millennio tutti sono corrotti, tutti sono pronti ad aggirare la legge. Per soldi, per ambizione, per vincere un processo, per salvarsi la pelle, a volte per imporre la giustizia: è una città senza onore dove tutti, con diversi gradi di resistenza, sono pronti a tradire e si rammentano con nostalgia i vecchi tempi, quando almeno sul senso dell’onore della mafia si poteva contare. La differenza è solo tra chi paga o rischia di pagare e chi, sui gradini alti della scala sociale, resterà sempre al sicuro.
La corruzione di New York City, nel romanzo di Winslow, è onnipresente, endemica, pervasiva. E’ un sistema, e anche le migliori intenzioni, di fronte al rullo compressore di un sistema, reggono poco.
IL COLPO DI GENIO dell’autore è descrivere questa deriva morale seguendo un percorso inverso: raccontando cioè i diversi passaggi attraverso in quali, di gradino in gradino, Danny diventa «un infame», un informatore, uno che si vende i compagni. Non ci vuole niente a intuire che la strada della corruzione è stata identica, ed è solo quando scopre la vergogna della delazione che Danny «si accorge» di essere davvero un poliziotto corrotto e affronta la realtà del proprio fallimento. Ma l’etica omertosa alla quale Danny Malone, come tutta la Task Force e in realtà tutto il Nypd, si uniforma non è diversa da quella delle organizzazioni criminali o delle bande di strada. A un gangster dominicano che lo minaccia con un orgoglioso «Noi siamo il Cartello», Malone risponde con un ancora più minaccioso: «No, noi siamo il Cartello: un Cartello di 38mila uomini». Neppure lui sa di dire la verità.
Questa New York rimessa a nuovo, per Winslow, è un palazzo con le facciate ridipinte e gli interni più marci di prima, con mucchi di polvere da sparo accumulati sotto i tappeti di lusso. Che esploda sembra essere solo questione di tempo.
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