Il Captagon è ovunque, maxi sequestro in Iraq
Medio Oriente La polizia irachena trova sei milioni di pastiglie del farmaco psicostimolante ribattezzato in Occidente "la droga dei jihadisti", sempre più usato (e prodotto) in Medio Oriente. Boom in Siria e Arabia saudita
Medio Oriente La polizia irachena trova sei milioni di pastiglie del farmaco psicostimolante ribattezzato in Occidente "la droga dei jihadisti", sempre più usato (e prodotto) in Medio Oriente. Boom in Siria e Arabia saudita
Sei milioni di pastiglie di Captagon sequestrate, dieci persone arrestate (tra cui cinque cittadini di Paesi arabi) e due reti del narcotraffico regionale smantellate (l’altra trafficava hashish).
Lo ha riferito sabato il ministero degli Interni iracheno, che dal 2019 ha attivato una nuova e apposita unità antidroga. Le compresse si trovavano in un magazzino nel sud-ovest della capitale e secondo le autorità locali erano destinate «ai sobborghi di Baghdad e ad altre province». Quindi, al mercato interno.
IL CAPTAGON è il nome commerciale di un farmaco psicostimolante sintetico a base di metanfetamina. Sintetizzato nel 1961 dalla tedesca Degussa AG, entra nella lista delle sostanze vietate nel 1986.
Alla ribalta torna per la prima volta nei primi anni Duemila, quando l’International Narcotics Control Board (l’organo Onu deputato alla tracciabilità delle sostanze) e la forza di polizia internazionale Interpol riportano la diversione del prodotto sul mercato illecito.
Ovvero l’inizio della produzione clandestina di queste compresse visivamente del tutto simili alle originali: forma circolare, colore bianco e due semicerchi accavallati l’uno sull’altro come marchio.
Dall’Europa sud-orientale (Slovenia, Serbia, Montenegro, Bulgaria e Turchia), i laboratori clandestini artigianali che cercano di riprodurre il Captagon si spostano in Medio Oriente.
DALL’IRAN la produzione illegale finisce così in Libano, in particolare nella valle della Bekaa, territorio controllato da Hezbollah come i traffici di droga, dove corre l’autostrada che dalla capitale Beirut porta alla capitale siriana Damasco. Molto usato dai combattenti durante la guerra, il captagon è stato più volte ribattezzato dai media occidentali «la droga dei jihadisti».
Per la Drug Enforcement Administration (l’agenzia antidroga statunitense), durante quel conflitto, nelle attrezzate fabbriche farmaceutiche finite in mano ai ribelli (la Siria era definita «l’India del Medio Oriente», visto il livello di sviluppo del proprio settore farmaceutico) si sarebbe prodotto captagon di qualità sfruttando le competenze dei chimici che vi lavoravano, rimasti nel frattempo senza lavoro.
Fin dal 2011 (anno di inizio della guerra civile in Siria), l’Ufficio contro la droga e il crimine delle Nazioni unite (Unodc) ha monitorato costantemente la «questione Captagon» nei propri report e focus specifici. Anno dopo anno ha così mostrato anche l’espansione del traffico e del suo consumo nell’area, dal Golfo persico fino alla Penisola arabica.
VEDENDO DIVENTARE la tanto proibizionista Arabia saudita il primo consumatore di quelle pastiglie della regione: il 26 ottobre 2016, la polizia libanese ha arrestato all’aeroporto internazionale di Beirut il principe saudita Abdel Mohsen Bin Walid Bin Abdulaziz. Cercava di trasportare a bordo del suo jet privato diretto a Riyadh (la capitale del regno), ben 40 valigie piene di Captagon e una con dentro cocaina.
Anche lo stesso Iraq, finora fuori dalle rotte internazionali del narcotraffico, ha visto negli ultimi anni esplodere la vendita e il consumo di queste pillole (col sospetto da parte dell’Onu anche dell’avvio di una produzione interna).
Nella provincia in gran parte desertica di Al-Anbar (proprio lungo il confine con la Siria), nei primi tre mesi del 2022 le forze di sicurezza irachene avevano già arrestato 18 trafficanti di droga e sequestrato oltre tre milioni di pastiglie di Captagon. Parliamo di aree di frontiera, come Al-Rutba e Al-Qaim, dove all’inizio di aprile l’antidroga ha intercettato ben 1,8 milioni di compresse.
ORMAI LE TROVANO in tutto l’Iraq, compreso quello centrale e meridionale, al confine con l’Iran. Perché a guerra ormai finita e col sedicente Stato islamico militarmente sconfitto, la produzione illegale delle pastiglie si sarebbe ora concentrata proprio in Siria.
Secondo un’inchiesta pubblicata a dicembre 2021 dal New York Times, in quel Paese sarebbe oggi attiva «un’industria della droga gestita da potenti affiliati e parenti del presidente Bashar al-Assad, diventata un’operazione multimiliardaria, che sta eclissando le esportazioni legali e trasformando il Paese nel più recente narco-Stato del mondo».
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