Europa

Il capogruppo di Syriza: «Una scommessa per tutta l’Europa»

Grecia/intervista Nikos Filis: «Tutti si assumano le proprie responsabilità. Noi per i greci siamo il nuovo. Ora la fase è cambiata e serve ancora una legittimazione politica. Alle elezioni con un processo interno unitario»

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 5 agosto 2015

Capogruppo di Syriza al parlamento di Atene, Nikos Filis, ex direttore del giornale del partito, Avghì, non ha dubbi: il dilemma principale, oggi, è capire se la sinistra ha il diritto di negare al popolo greco la possibilità di una forte contrapposizione all’austerità e di una prospettiva di sviluppo, attraverso la permanenza di Syriza al governo.

Secondo Filis tutto il partito si deve assumere le proprie responsabilità per non deludere i greci che continuano a vedere in Alexis Tsipras e in Syriza, una garanzia per le classi sociali più deboli e per il cambiamento. In questa intervista a il manifesto, tende la mano a Varoufakis – «a condizione che parli meno» – e si aspetta un importante contributo da parte di Podemos e delle forze della sinistra italiana.

Ha appena dichiarato che il futuro di Syriza costituisce una scommessa. Cosa intende di preciso, quali sono le caratteristiche principali di questa scommessa?
Riguarda il popolo greco, ma anche l’Europa intera, ed è per questo che la vicenda greca viene seguita con così grande interesse a livello mondiale. L’imposizione dell’ultimatum con le durissime misure della nuova Troika, in Grecia, ha creato una nuova realtà politica. La sinistra non si sente a suo agio nell’attuazione di queste misure. Ed è per questo che lotterà per cambiarle, per poter sostenere le classi sociali più deboli e portare le riforme necessarie nel sistema politico e nella vita democratica. È importante vedere come, malgrado le dure misure che siamo stati costretti a firmare, la fiducia popolare rimane ad alti livelli e credo sia anche aumentata. Per quale motivo? Perché Syriza rappresenta il nuovo, e i cittadini – come è apparso chiaramente anche con il referendum – provano ribrezzo per il vecchio sistema partitico. Il merito principale è indubbiamente di Alexis Tsipras, che è riuscito a rendere credibile un messaggio di speranza agli occhi della grande maggioranza del popolo greco. Malgrado le difficoltà, quindi, alla sinistra viene riconosciuta una profonda sincerità. A mio parere, certo, questa fiducia politica dovrà esprimersi anche attraverso nuove elezioni, poiché la realtà politica è mutata. A queste elezioni si deve arrivare seguendo una direzione unitaria, discutendo delle differenze esistenti, ma facendo prevalere il principio della maggioranza democratica.

In che senso?
In questa fase il partito ha una precisa direzione politica ed i compagni che hanno delle opinioni differenti – pur mantenendo le loro convinzioni – lavoreranno alla realizzazione di un progetto politico valido sino al congresso. La questione è: siamo pronti a lavorare ad un progetto greco di sviluppo e a portarlo avanti basandoci sul sostegno popolare?

La realtà emersa all’ultimo summit europeo, tuttavia, è molto dura e sembra non lasciare ampi spazi di manovra…
In molti si chiedono se in queste condizioni di duro neoliberismo prevalente in Europa, ci possa essere un governo realmente progressista e di sinistra. Io credo che se il popolo desidera questo governo, per ridurre le conseguenze della politica neoliberista ed aprire la strada allo sviluppo, la sinistra non ha li diritto di negarglielo solo per poter ritornare alle sicurezze che offre il ruolo dell’opposizione. Sono questi i nostri dilemmi.

La lotta per cambiare le dure condizioni imposte al summit europeo del 12 luglio inizierà prima o dopo la firma dell’accordo definitivo – previsto entro agosto – con la nuova Troika, o Quartetto, come è stata ribattezzata?
Questo accordo riguarderà un arco di tre anni, e sarà composto dal sostegno economico, le riforme, la ristrutturazione del debito. Senza dimenticare il piano Junker per lo sviluppo e altri finanziamenti. Tutto ciò verrà esaminato in corso d’opera. Oggi è necessario poter ricapitalizzare le banche, far tornale il mercato bancario alla normalità e garantire liquidità all’economia. Il cambiamento di termini dell’accordo, con nuovi equilibri che si allontanino dall’austerità, fa parte di una dinamica e di una lotta che si svilupperà in seguito, nell’arco di tre anni. E in questo un rinnovo della fiducia popolare ci può indubbiamente aiutare.

Secondo quanto è filtrato sinora, i creditori chiedono la liberalizzazione dei licenziamenti e l’abbandono definitivo dei contratti collettivi di lavoro. La sinistra greca cosa risponde?
Sono questioni che hanno a che fare con la realtà e le conquiste a livello europeo. Che genere di paese europeo saremmo senza protezione dai licenziamenti e senza contratti collettivi? Faremo di tutto per evitare che passi questa linea, affinché non venga imposta definitivamente la strategia che vorrebbe eliminare il diritto alla contrattazione collettiva.

Realisticamente, si può evitare una scissione all’interno di Syriza, o anche un continuo e logorante scontro tra la maggioranza e la minoranza interna?
Tutti gli eventuali sviluppi, positivi e negativi, devono essere considerati possibili. Ma dobbiamo capire che in un partito si sta sempre su base volontaria. Se vogliamo rimanere insieme dobbiamo trovare un modo vero per realizzare un progetto politico comune. Altrimenti, significherà che non vogliamo coesistere nello stesso partito. E sarebbe una risposta scoraggiante.

Ha chiesto di evitare gli attacchi personali a Varoufakis. Pensa che l’ex ministro delle finanze possa offrire ancora un apporto positivo a Syriza?
Non dobbiamo cercare, tra di noi, dei capri espiatori. Tutti abbiamo responsabilità per le tante cose positive, come anche per alcuni elementi negativi nella trattativa dei mesi scorsi. E i responsabili principali sono i creditori.
Varoufakis ha dato rilevanza mondiale al bisogno di ristrutturazione del debito anche se, in seguito, alcune sue mosse non hanno aiutato la trattativa. Si è dimesso, ma ha deciso di rimanere all’interno di questo sforzo collettivo. Credo possa essere d’aiuto, basta che parli meno.

Gli ultimi sondaggi danno Podemos sotto il 20%. È una conseguenza della punizione inflitta alla Grecia o pensa che sino alle elezioni spagnole di novembre le cose cambieranno?
La questione del Sud Europa è dovuta, principalmente, alla Germania che guarda ai paesi del Sud come a una “colonia del debito”, una parte dell’eurozona di seconda categoria. Malgrado gli ultimi sondaggi, questo problema verrà sempre a galla. È importante sottolineare l’atteggiamento di Berlino all’ultimo vertice europeo che ha iniziato a creare delle crepe importanti. Ci vuole un fronte comune dei paesi interessati, per cambiare gli equilibri e credo che in Spagna ci sarà una buona affermazione di Podemos. Si tratta di dinamiche radicate nella società, che non si possono fermare così facilmente. È la risposta di popoli che hanno visto la loro dignità umiliata e di cittadini che sentono che il loro futuro sta crollando sotto il peso dell’austerità.

Che tipo di apporto si aspetta Syriza da parte dell’Italia?
Abbiamo grosse aspettative, perché col popolo italiano c’è un lungo cammino comune di solidarietà. Ci aspettiamo molto dalla sinistra italiana, dai movimenti, dai sindacati e dalle forze politiche. Credo che, malgrado le differenze delle nostre economie, ci siano molti, forti elementi in comune su cui bisogna insistere. E il rafforzamento della sinistra italiana – politica e dei movimenti – aiuterà sicuramente l’Italia a riacquistare la propria voce sulla scena europea.

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