Una maglia che mostra l’aumento della temperatura media dall’anno della sua fondazione, avvenuta oltre 150 anni fa. Il Reading, club di seconda divisione inglese (la Championship) dà un segnale sulla questione climate change, presentando la sua nuova divisa di gioco (in plastica riciclata, realizzata con il contributo di climatologi dell’Università di Reading) per sensibilizzare i tifosi sui danni prodotti dall’uomo sull’ecosistema.
Oltre 40 gradi a un battito di ciglia da Londra qualche giorno fa, gli inglesi sulla questione ambientale, sulla scia della grande attenzione nel calcio nordeuropeo, si servono del pallone e della sua notorietà per ispirare il cambiamento. Minor consumo di prodotti animali, trasporto verde per l’arrivo allo stadio, un limite all’utilizzo della plastica negli impianti. Qualcosa si muove, così anche in alcuni paesi del Nord Europa.

IL PERCORSO di avvicinamento verso il calcio eco-sostenibile è partito qualche anno fa da un club delle serie minori inglesi, il Forest Green Rovers. Di recente il Forest si è visto approvare il progetto di uno stadio interamente in legno, l’Eco Park, cinquemila posti a sedere, incastonato in un’area verde di 1700 metri quadrati, con stazioni di ricarica per i veicoli elettrici, alberi e siepi piantati per favorire la biodiversità. Due anni fa è stata la volta delle magliette da gioco ricavate dall’uso del bambù, qualche mese dopo addirittura l’idea di una maglia da gioco ottenuta con il riciclo dei fondi del caffè e di bottiglie di plastica. È stato un visionario il proprietario del Forest, Dale Vince, imprenditore nel settore ecologico, a costruire una società dove tutto è sostenibile, dal cibo consumato allo stadio al riciclo dell’acqua, il prato organico, i pannelli solari sul tetto dello stadio, fino alle divise degli atleti.

CINQUE ANNI fa il Forest è stato insignito dalla Fifa come club più verde al mondo ed è stata anche la prima società a diventare ufficialmente carbon neutral. Al Forest si è ispirato un club norvegese, il Bodo Glimt, avversario in un paio di circostanze della Roma nell’edizione di Conference League vinta dal club giallorosso, che ha pensato a un impianto in legno, in totale autosufficienza energetica, con tetto in erba.
Il calcio che va a braccetto con la tutela dell’ambiente si diffonde anche in Premier League. Diversi club, dal Manchester City ai cugini dello United, al Tottenham, si sono avvicinati al tema della sostenibilità, a come impattare il meno possibile sull’ambiente. Per una semifinale della scorsa edizione della FA Cup, la più importante coppa del calcio britannico, tra Liverpool e Manchester City, giocata a Wembley, non sono stati predisposti treni per i tifosi, solo bus elettrici messi a disposizione dalla federazione. Ci sono state iniziative mediatiche ma al tempo stesso utili, come le tazzine bio del Manchester City, le edible cups, a base di wafer, composte da sette ingredienti naturali e vegani, soprattutto farina di frumento, crusca d’avena e acqua, senza contenere zucchero, testate nello stadio del City e in diversi punti strategici della città inglese.

Dale Vince
Sono sempre stato un bastian contrario, un po’ ribelle. Non ho mai perseguito il denaro, non mi interessa. Perseguo il cambiamento La produzione delle tazzine bio avviene in Scozia alla BioBite, azienda fondata nel 2019 da alcuni studenti dell’Università di Aberdeen e rappresenta in ogni caso un’alternativa alla versione usa a getta, utilizzata dai britannici almeno in sette milioni di esemplari al giorno, 2,5 miliardi l’anno. Sempre il Manchester City ha adottato il menu senza carni animali, tra nachos al chili, pizza, patatine fritte, hamburger vegani in versione gourmet. E per la sostenibilità ambientale il club campione in carica in Premier League ha appoggiato la campagna Show the Love, completando il suo immenso centro sportivo con un impianto di riciclo che risparmia fino all’83% dell’acqua e impiantando duemila alberi. Il centro sportivo del club, City Football Academy, che vale oltre 200 miliardi di euro, ha ottenuto la certificazione Gold Standard in Leadership in Energy and Environmental Design (LEED), con oltre 30 ettari di terreno incolto trasformati in campi fioriti e zone per sostenere la fauna selvatica locale. E sempre il City ha realizzato quasi due anni fa (prima dell’esplosione di contagi da Covid-19), assieme allo sponsor Xylem, una clip, intitolata The End of Football – A world without water is a world without football, in cui mostra, attraverso il percorso di una bambina diretta allo stadio, le conseguenze di un mondo senza acqua.

INSOMMA, tra club che mettono la sostenibilità tra le priorità e iniziative spot, il messaggio continua a circolare, a diffondersi attraverso le generazioni. C’è bisogno di tempo, di informazione per generare una cultura sostenibile nello sport. Ci lavorano da anni anche in Germania, per esempio il Mainz, club sempre in bilico tra Bundesliga e seconda divisione, che ha aderito da tempo alle politiche per ridurre l’emissione di carbonio, poi c’è l’Augsburg che pure è carbon neutral. Le politiche anti-inquinamento delle società hanno portato, tra gli esempi, il matrimonio tra il Werder Brema e il fotovoltaico, con 200 mila celle solari allo stadio, con energia sufficiente per 300 appartamenti. E se nella casa del Borussia Moenchengladbach c’è il pozzo in loco che supporta l’approvvigionamento idrico, un’iniziativa ancora più mediatica è venuta lo scorso anno all’Hoffenheim: alberi piantati in un foresta ugandese (a Kikonda) per compensare le emissioni di carbone prodotte, circa tremila tonnellate di CO2, durante le partite casalinghe in Bundesliga. Sulla questione ambientale si sono mossi diversi top club europei, tra kit e maglie in plastica prodotti da sponsor come Nike e Adidas. In Italia nella scorsa edizione di campionato cinque club hanno puntato sulle maglie eco, Juventus, Inter, Lazio, Udinese, Bologna. È stata la Juve a portarsi avanti qualche anno fa con la casacca in plastica recuperata dagli oceani. Per il resto, ci sono state iniziative green su uso di plastica e cibo vegano in alcuni stadi. Ma la strada per recuperare il gap da altri paesi è assai lunga.