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Il business del caro estinto

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Ultraoltre Cosa si nasconde dietro la ricca campagna di marketing che ha preceduto e seguito il lancio del videogioco kolossal «Death Stranding»

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 16 novembre 2019

Da un videogioco intitolato Death Stranding (lo spiaggiamento della morte) e ambientato in un futuro caratterizzato dalla permeabilità tra mondo dei vivi e mondo dei morti possiamo aspettarci una qualche meditazione sulla morte, su cosa sia e su cosa esista dopo di essa. Ma il nuovo videogioco di Hideo Kojima, e la ricca campagna di marketing che ne ha preceduto e seguito il lancio, mi hanno fatto soprattutto meditare sul ruolo della morte nel videogioco e sul suo rapporto con la monetizzazione (in sostanza, su come un videogioco crei incassi per sviluppatore ed editore). In un’intervista rilasciata nel dicembre 2017 a IGN, Kojima ha detto: «I videogiochi sono nati più di 40 anni fa con i cabinati [nelle sale giochi]. Quando chi gioca muore arriva il game over. Continui a giocare, ma il tempo torna indietro a un momento precedente alla tua morte. Puoi morire quante volte vuoi, ma ogni volta torni indietro sino a un momento precedente a quando sei morto. Questa è una meccanica nata per farti infilare monete nel cabinato, e non è cambiata da allora».

Secondo Kojima, Death Stranding supererebbe questa tradizione. Vedremo quanto questa affermazione sia parziale, ma l’intervista suggerisce una lettura interessante delle meccaniche del medium videoludico, mostrandole come una ludicizzazione di sistemi di monetizzazione. O meglio, come una ludicizzazione della monetizzazione di una tecnologia. Restando all’esempio dei cabinati, la possibilità di avere macchine (all’epoca) potenti in locali pubblici portò a una monetizzazione basata sull’affitto di tali dispositivi (chi gioca paga per avere momentaneamente accesso alla loro capacità di calcolo e al loro software) e a software appositamente pensati per trasformare in gioco questa monetizzazione. Cioè pensati per convincere le persone a infilare monetine nelle macchine. In questi software veniamo messi di fronte a sfide da superare, il fallimento causa la prematura fine della partita (del tempo di uso della macchina) ma un ulteriore pagamento (infilare un’altra monetina) ci dà la possibilità di continuare a giocare. Come spiega Kojima, in questi videogiochi il fallimento è spesso legato alla «morte» dei personaggi, i tentativi disponibili si misurano in «vite», chi gioca paga per poter usufruire di macchina e software non per un certo periodo di tempo ma per un certo numero di «vite» e la monetizzazione è quindi regolata da una meccanica di gioco basata sulla morte.

Dopo l’era dei cabinati, la diffusione di più potenti computer domestici ha portato a grandi opere che giustificassero un elevato prezzo di copertina. Poi internet ha permesso di moltiplicare le occasioni di monetizzazione di questi giochi e sono arrivati i Dlc (contenuti aggiuntivi scaricabili) a pagamento. Ancora in seguito, gli smartphone, dispositivi che portiamo sempre con noi, hanno spinto a sistemi di monetizzazione continua, quasi indiscreta. Tecnologia, monetizzazione e meccaniche sono rimaste legate in questo percorso, ma meccaniche apparentemente dovute a una monetizzazione precedente proseguono a volte in quelle successive, e quindi come ha notato Kojima abbiamo ancora a che fare con morte e game over, elementi che sembrerebbero ormai inutili e superabili.

In effetti, un ripensamento delle meccaniche legate alla morte è in corso da anni: nel videogioco indipendente Braid (2008) di Jonathan Blow ogni fallimento può essere annullato, nella serie Dark Souls di FromSoftware e nei suoi vari cugini (tra cui il capostipite Demon’s Souls del 2009) ed emuli la morte dei protagonisti non porta al caricamento di un salvataggio precedente, ma è un evento con le sue conseguenze sul mondo di gioco. Death Stranding è in questo (ma anche in altri elementi) simile a Dark Souls. Se il protagonista Sam Porter Bridges muore non c’è un game over e un caricamento ma il tempo continua a scorrere e il protagonista resuscita trovando un mondo cambiato. A volte i cambiamenti sono piccoli: per esempio, gli oggetti che Sam portava con sé possono essere stati rubati e devono quindi essere recuperati in un accampamento ostile. Altre volte sono spettacolari e permanenti.

In Death Stranding il contatto tra vivi e morti è simile a quello tra materia e antimateria, libera una grandissima quantità di energia e provoca un’esplosione che scava nella mappa del gioco un’enorme voragine, eterno ricordo della mia sconfitta per mano dei morti «arenati» sulla Terra. Per quanto non ci sia più la morte, in Death Stranding (come in Braid e in Dark Souls del resto) esiste ancora il fallimento. E, a dire il vero, esiste ancora pure il game over. Capita, cioè, di compiere un qualche passo falso durante una missione necessaria alla storia del gioco e di arrivare a una schermata che mi invita a caricare un salvataggio precedente. Questo perché i videogiochi restano una serie di compiti da eseguire, con un premio assegnato a chi gioca se esegue bene gli ordini ricevuti e una punizione (nel caso dei cabinati, una multa monetaria) nel caso non li rispetti.
All’inizio di questo articolo, ho ipotizzato che i videogiochi siano la ludicizzazione della monetizzazione di una macchina, e ho poi accennato al fatto che si modifichino al cambiare delle macchine e quindi delle monetizzazioni possibili. Ma sarebbe interessante andare ulteriormente a fondo della questione, chiedendoci per quale motivo nascano e si evolvano queste macchine e quali rapporti di potere abbiano spinto in questa direzione hardware, software e videogioco. Il rischio è sennò quello di accettare la retorica del «progresso», di un progresso tecnologico inevitabile che possiamo solo accogliere e, magari, monetizzare. Sarebbe interessante chiederci per quale motivo è stata creata una macchina come il cabinato della sala giochi, una macchina che multa chi non esegue i suoi ordini. O per quale motivo, anche se tecnologia e monetizzazioni sono cambiate, nei videogiochi e in Death Stranding perdurino sfide, ordini da rispettare e punizioni.

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