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Il buco con la finanza intorno

Nuova finanza pubblica A fronte della peggiore recessione che si sia vista nelle ultime decadi i due vertici europei di aprile (eurogruppo e Consiglio europeo) hanno acceso speranze e fosche prevision visti i […]

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 25 aprile 2020

A fronte della peggiore recessione che si sia vista nelle ultime decadi i due vertici europei di aprile (eurogruppo e Consiglio europeo) hanno acceso speranze e fosche prevision visti i provvedimenti necessari quanto meno a smorzare la gravità della crisi incombente.

I due vertici invece presentano un esito così evidentemente inadeguato da rendere sbalorditivi non tanto i toni della Commissione UE e dell’Esecutivo italiano, ma la leggerezza con cui fonti accreditate li avallano: «Vertice UE: pacchetto da 500 miliardi operativo da giugno» ( Sole 24-Ore, 23 aprile).

In sostanza il Consiglio europeo approva le misure decise dall’eurogruppo del 7-8 aprile, aggiungendovi un consenso sull’ancora misterioso Recovery Fund, di cui nulla sappiamo di certo: come verranno raccolti i fondi, chi vi contribuirà, in che misura, e cosa dovranno fare i beneficiari per riceverli.

Quello che è stato approvato ed è già più sicuro è il famoso “pacchetto” da 540 miliardi di cui parla il Sole 24-Ore. Qual è la sua composizione?

37 miliardi vengono dal bilancio Ue (poco più dell’1% del pil: briciole), di cui 8 già in possesso degli Stati (che dovevano essere restituiti ma si condonano); altri 29 già a bilancio. Risorse aggiuntive: zero.

Sempre parte dei fondi già staziati sono quelli del Fondo di Solidarietà (800 milioni, mero cambio di destinazione) e Emergency Support Instrument (2,7 mld più contributi degli Stati volontari). Risorse aggiuntive: zero.

La Banca Europea degli Investimenti aveva fatto una sua proposta di mobilitazione di 200 miliardi a favore delle imprese (soprattutto pmi).

Tuttavia si tratta di chiederli a prestito sul mercato finanziario con le garanzie di 25 mld che dovrebbero mettere gli Stati membri. E si tratta di prestiti che i beneficiari dovranno evidentemente restituire. In ogni caso (al momento) risorse aggiuntive: zero. Il Mes viene autorizzato a fare prestiti con condizioni alleggerite ma solo per le spese sanitarie e non più per il 2% del Pil di ogni singolo Stato. Se tutti ne usufruissero verrebbero corrisposti 200 mld; a parte che è improbabile che ciò avvenga (e sul suo sito il Mes onestamente lo riporta), all’Italia spetterebbero non più di 36 mld.

Ricordiamo solo che il Mes chiede in prestito i soldi ai mercati per riprestarli agli Stati che ne richiedono l’assistenza. Anche qui, risorse aggiuntive: zero.

Resta solo il fondo SURE, una iniziativa per finanziare i disoccupati di 100 mld; anche questi presi a prestito dal mercato dei capitali basandosi su un capitale che dovrebbero mettere – al solito – gli Stati, gestito dalla Commissione; la cifra di partenza dovrebbe essere di 25 mld, ma chi vi contribuisca davvero e quali siano i meccanismi concreti non è ancora dettagliato. In ogni caso al momento attuale, risorse aggiuntive: zero.

La fumosità del pacco si disvela totalmente: non si tratta di fondi scuciti con un impegno formale, ma di programmi e promesse di contribuzione i cui termini esatti evidentemente non sono stati concordati, e non sappiamo quanto possa durare tale negoziazione, visto che i paesi più forti hanno uno spazio fiscale più ampio e possono permettersi tempi che soprattutto l’Italia non ha, se vuole avere ancora un’economia non di sussistenza l’anno prossimo.

Attendendo maggiori dettagli sul mitico Recovery Fund resta netta l’impressione di una bancarotta nettissima. Ma forse è una impressione soltanto. Similmente al Mes, tutti i fondi più sostanziosi ricorrono al mercato finanziario, con quella partita di giro di chiedere soldi a prestito per darli a credito ai beneficiari.

Pare difficile che i tassi saranno a zero, quindi in realtà per chi presterà i soldi si apriranno robuste prospettive di profitto di accumulazione finanziaria; sulle spalle dei cittadini dei paesi destinatari che dovranno ripagarli con tassazione e austerità, soprattutto se i prametri di Maastricht torneranno in vigore, una volta passata la tempesta. Ancora una volta sono gli strumenti prediletti delle finanziarizzazione che si adoperano. Un buo nell’acqua si, quindi. Ma con la finanza intorno.

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