Il bosco è uno di quei luoghi privilegiati dove ambientare una fiaba. Una principessa, i suoi sudditi, divisi tra quelli con buone intenzioni che la proteggerebbero a rischio della propria incolumità, e quelli malevoli che hanno il solo proposito di farle del male. E tra incantesimi, magie e sortilegi, potrebbe spuntare dietro un albero un principe per consegnare alla storia un lieto fine.
Per Princess le cose vanno in modo diverso, non si crea lo spazio per un happy end. Con la sua parrucca colorata sembra appartenere al bosco per una volontà totalmente estranea alle sue intenzioni, invisibile eppure presente e onnipotente. Scritturata in un teatro dove di continuo appaiono e scompaiono personaggi radicalmente diversi tra loro, di ogni ceto e origine, che chiedono, che pretendono, che mettono tra parentesi quel fuggevole incontro, considerandolo un’eccezione al loro quotidiano. Mentre per lei, tutto si ripete in un eterno presente.

COSÌ, la giovane principessa di origine nigeriana, intrappolata in un labirinto, è vittima di chi vanta diritti sulla sua esistenza, come solo accade là dove la prevaricazione del prossimo non solo è tollerata ma favorita. Princess dà l’impressione di controllare gli eventi, quasi fosse la protagonista di una commedia delle umane passioni. Sorride, provoca, rimprovera. In realtà, la vita si dimostra per lei, e per chiunque sia costretta alla prostituzione, una privazione di sogni, di speranze, di illusioni. Il passato è ridotto a un vago ricordo, a una radice irrimediabilmente recisa.
Film di apertura alla Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti, Princess di Roberto De Paolis è un racconto che oscilla tra il singolare e il plurale. A partire dalla protagonista interpretata perfettamente da Glory Kevin. Tutto ruota intorno a lei, vero e proprio centro di gravità. Seguendola, l’impressione è di scoprire, scena dopo scena, il diario intimo della persona e del personaggio. Nella storia cinematografica, però, convergono pure le tante esperienze di altre donne che hanno donato la propria testimonianza per costruire una figura multiforme, per niente monolitica.
In questo percorso, si aggiungono i tanti uomini che attraversano il bosco, che intercettano la ventenne nigeriana. Sono una moltitudine di cui sappiamo poco. Sfruttatori certamente, minacciosi e ostili spesso, sorprendentemente amichevoli in rare situazioni. Sono comunque responsabili della trappola nella quale è precipitata Princess. Ad eccezione, probabilmente, di Corrado (l’ottimo Lino Musella). A lui è affidato il ruolo del principe che incarna la possibile via di fuga. Ma verso quale mondo?

Oltre a Princess, sono in sala questa settimana altri due film italiani, Piove di Paolo Strippoli e Notte fantasma di Fulvio Risuleo. Tre lavori che esibiscono un contesto urbano desolato, per certi versi post-apocalittico. Siamo a Roma e dintorni, ma potremmo essere altrove. E tra famiglie in crisi, poliziotti alla deriva, ragazzi che cercano una strada che conduca a un senso, e una prostituta che non riesce a evadere dal bosco, emerge una disperata solitudine. Più che i personaggi, quindi, colpiscono le ambientazioni nelle quali inevitabilmente viene meno l’idea di una complicità e, di contro, l’approssimarsi di un baratro.

E DUNQUE, per tornare alla precedente domanda, verso quale universo dovrebbe dirigersi Princess? Non sempre si incontra il Rick Deckard di Ridley Scott (quello di Philip K. Dick non servirebbe alla causa) che nella versione più accomodante vola nell’imprevedibilità dell’esistenza con a bordo una principessa che, pur segnata nel destino, ha sconfitto l’incantesimo di un mondo pieno di ombre e spettri.