Il boom delle atlete. Parola di Nielsen
Sondaggi Lo spiega con cifre uno studio condotto dall’istituto di ricerca Nielsen, secondo cui l’84% degli interpellati – campione preso in esame tra Gran Bretagna, Stati uniti, Francia, Spagna, Italia, Germania, Australia, Nuova Zelanda – è interessato ad almeno una disciplina femminile.
Sondaggi Lo spiega con cifre uno studio condotto dall’istituto di ricerca Nielsen, secondo cui l’84% degli interpellati – campione preso in esame tra Gran Bretagna, Stati uniti, Francia, Spagna, Italia, Germania, Australia, Nuova Zelanda – è interessato ad almeno una disciplina femminile.
Dal calcio alla pallacanestro, golf e tennis. E in Italia soprattutto il volley, dopo la splendida avventura della nazionale femminile ai Mondiali giapponesi, qualche settimana fa, con l’argento alle spalle della Serbia e il boom di personaggi come Paola Egonu. Lo sport femminile piace sempre di più, risultando attraente quasi quanto quello maschile. Lo spiega con cifre uno studio condotto dall’istituto di ricerca Nielsen, secondo cui l’84% degli interpellati – campione preso in esame tra Gran Bretagna, Stati uniti, Francia, Spagna, Italia, Germania, Australia, Nuova Zelanda – è interessato ad almeno uno sport femminile. E dell’intero bacino analizzato, il 51% è maschile.
Più pulito, meno legato alle dinamiche – spesso poco chiare del business -, forse considerato più semplice, più adatto alle famiglie, a contatto con i tifosi. Insomma, lo sport che profuma d’antico, poco sottoposto dalle leggi non scritte della globalizzazione, con gli atleti divenuti ormai aziende solo orientate al profitto costretti ad una presenza invasiva sui social network. Sempre lo studio Nielsen rivela che quasi la metà della popolazione (45%) degli otto Paesi chiave prenderebbe in considerazione l’idea di partecipare a un evento sportivo femminile dal vivo, dato in crescita ma inferiore rispetto al 63% richiamato da una competizione degli uomini. E il 46% si piazzerebbe davanti a un televisore con continuità per un torneo femminile, se l’offerta televisiva fosse più ricca e meno costosa. Mentre il 63% degli intervistati si è detto a conoscenza del principale evento sportivo tra le donne nel 2019, i Mondiali di calcio, con il 34% che ne ignorava l’esistenza.
Ed è proprio il pallone a trainare l’interesse, con una crescita esponenziale negli Stati Uniti, fenomeno in verità iniziato dagli anni Ottanta ma anche nel Regno Unito (in Italia ci sono 24 mila tesserate alla federcalcio, in Germania oltre un milione, 350 mila in Canada, 90 mila in Francia). E la federcalcio inglese (oltre 80 mila iscritte) ha stanziato negli anni sempre più risorse, spingendo su progetti a livello scolastico e giovanile. Gli Europei di due anni fa hanno portato davanti alla tv un pubblico complessivo di 150 milioni, hanno aiutato la crescita in numeri dei campionati professionistici in tutto il mondo. Insomma, il gender gap che da sempre è presente anche nello sport va riducendosi, anche per la presenza di atlete divenute star dal forte impegno nel civile, che ha contribuito ad accrescerne l’interesse. Negli Stati uniti ci sono Serena Williams, fuoriclasse del tennis (ma anche in campo per la parità salariale, nella sua disciplina e per le donne americane), Simone Biles, Ronda Rousey, Lindsay Vonn, che stanno aprendo la strada agli accordi commerciali ei determinanti investimenti degli sponsor, fondamenali per uno sviluppo dello sport femminile.
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