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Il basket degli dèi

Il basket degli dèi

Scaffale Il libro di Simone Marcuzzi «Ventiquattro secondi. Storia autobiografica di Vittoriano Cicuttini», per 66thand2nd. L'avventura di un italiano nell'Nba

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 13 luglio 2016

La retorica anglosassone della vita come sport, della vita come competizione e ancor più della felicità come risultato di una vittoria che, come tale, è sempre e solo trionfale ha ormai invaso la dialettica contemporanea dalla politica all’economia.

Sfugge da tutto questo il volume atipico di Simone Marcuzzi che, ormai al suo terzo romanzo, rivela maturità e qualità non banali per uno scrittore tra i più interessanti nel panorama italiano. Qualità di scrittura e una visione mai scontata dell’intreccio fanno di Ventiquattro secondi. Storia autobiografica di Vittoriano Cicuttini (66thand2nd, pp. 332, euro 18) uno dei romanzi più sorprendenti dell’anno.

La narrazione, che segue le gesta e vicissitudini di un giocatore italiano di basket in Nba stupisce per il doppio piano dentro al quale Marcuzzi naviga con sicurezza e abilità: quello del racconto epico e, a tratti, fortemente romanzesco fatto di gioco, sudore e di tutti gli elementi necessari alla costruzione di un eroe moderno – una figura realmente degna del miglior Martin Scorsese – e l’aspetto invece sociale, dentro al quale quella mitologia è maturata. Un contesto che tuttavia ha poco dell’eroico essendo figlio di una cultura degli anni Novanta che, proprio in Italia, vide imporsi gli atleti della Nba su quelli non tanto del basket italiano, ma anche del calcio.

Un rilievo poco indagato che portò quasi tutti gli adolescenti ad annusare quel mondo in un rimbalzarsi continuo di nomi come Los Angeles Lakers o Chicago Bulls dentro al quale troneggiava la figura sostanzialmente divina di Michael Jordan.
Qui Simone Marcuzzi capovolge per certi versi la realtà, conducendo un ragazzo italiano fin dentro il cuore oscuro e mitico di un mondo che ha affascinato un’intera generazione spesso anche inconsapevolmente, seducendola fin anche nel modo di vestire (per non dire poi del modo di camminare, con la tipica andatura dinoccolata e sconnessa).

Ventiquattro secondi riesce nell’intento di narrare una storia figlia del decennio dei Novanta, partendo da un punto di vista tutto italiano che, in questo libro, prende la forma urgente di una narrazione personale e per nulla mutuabile o sovrapponibile con altri testi spesso incapaci di una vera autonomia di visione e di scrittura. Il tema dell’estraniamento risulta centrale sia per il protagonista sia come meta-tema, fino a restituire al lettore gli strumenti necessari per comprendere il disagio di una letteratura italiana contemporanea spesso estranea a se stessa per quanto rinchiusa in stanchi autobiografismi o ancor peggio in quell’epica dell’infanzia ormai fortemente logorata.

Simone Marcuzzi salta a piè pari il problema ed evita il tranello con un’autobiografia di uno sportivo immaginario eppure realissimo che riassume su di sé gli eroi di una giovinezza nemmeno troppo lontana nel tempo, eppure ancora capace di essere tale con tutti gli stilemi del caso. Marcuzzi costruisce frase dopo frase un romanzo italiano denso e raro, capace di parlare del mondo alla finestra nella sua incontenibile grandezza e ridicola prossimità, in grado di trasformare da un momento all’altro ognuno in un protagonista di una storia seppure minima, seppure periferica.

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