Visioni

Il bambino soldato e il trauma dell’Uganda

Il bambino soldato e il trauma dell’UgandaUna scena da Theatre of Violence

Rassegne «Theatre of Violence» sarà presentato da Cineagenzia al festival di Internazionale,e poi in tour nelle città italiane. Tra i titoli proposti anche 20 Days in Mariupol e Total Trust

Pubblicato circa un anno faEdizione del 29 settembre 2023

Chi è Dominique Ongwen? Un uomo sotto processo al Tribunale dell’Aia. Prima è stato un bambino rapito come migliaia di altri in Uganda dalla sua infanzia e dalla famiglia per essere trasformato in un soldato feroce. Quando i militari della Lord’s Resistance Army, l’armata teocratica di Jospeh Kony, presente soprattutto nel nord del Paese, lo hanno preso aveva nove anni. Torture, indottrinamento, stregoneria, religione, stupri – la violenza messa in atto come pratica daghli uomini di Kony – lo hanno ben presto reso ciò che loro volevano, quella «macchina da guerra» senza rimosri necessaria a uccidere. A difenderlo c’è l’avvocato Krispus Ayena, ed è lui il protagonista di Theatre of Violence, il doc di Emil Langball e Lukasz Konoba, tra le proposte della Cineagenzia al festival Internazionale di Ferrara- da oggi fino all’1 ottobre e poi in tour italiano ( info:www.cineagenzia.it ).

LA STRATEGIA difensiva di Ayena, al di là dell’aula prova a coinvolgere la realtà dell’Uganda nel confronto con l’LRA, le cui azioni si estendono nei paesi accanto, e che negli anni ha prelevato almeno 66mila bambini. Kony però può vivere liberamente sfuggendo a ogni giustizia internazionale e nazionale: cosa significa? Se ciò che ha fatto Ongwen è terribile, il percorso di Ayena ci dice tra incontri con chi come Dominique ha vissuto lo stessa esperienza, chi come moltissime madri e padri continua scrutare l’orizzonte temendo da un momento all’altro di non avere più risposta dai suoi figli, oltre alle conversazioni con attivisti e legali, è che quel trauma individuale rappresenta un trauma collettivo. E la soluzione non può essere la condanna (scontata) di Ongwen. Il caso del suo assistito interroga invece la necessità di un confronto collettivo che supera le coordinate di «colpevole» o «innocente» che non tengono conto di come un ragazzino sia inerme di fronte a un lavaggio del cervello di quel tipo. E questo senza cercare giustificazioni, ma dentro a una realtà quale è quella dell’Uganda ancora instabile, dove troppi «responsabili» continuano a non essere processati – Kony in testa appunto.

Tra gli altri titoli proposti 20 Days in Mariupol del giornalista ucraino Mstyslav Chernov, testimonianza i nprima persona dell’assalto alla città e dei crimini commessi dall’esercito russo durante l’invasione; Total Trust di Jialing Zhang, la tecnologia in Cina usata come strumento di controllo e repressione.

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