Ieri come oggi, la difesa dei diritti e della cultura
L’Arci quest’anno celebra i suoi 65 anni di vita, in un periodo difficile per tutto il pianeta e per il nostro paese: la pandemia prima e la guerra ora rendono difficile guardare con speranza al futuro. Compiere 65 anni in questa fase è un doppio merito e una doppia responsabilità.
L’Arci c’è, esiste e resiste, vuole continuare ad interpretare il bisogno di trasformazione di una società che sta cambiando. Negli appuntamenti e nelle iniziative che attraversano il quotidiano dell’Arci si respira forte il desiderio di futuro, di costruire un’associazione al passo coi tempi, di riconoscersi parte di una pluralità che si incontra, si confronta e cresce.
Già il 26 maggio del 1957, quando un primo nucleo di case del popolo, circoli e società di mutuo soccorso si riunirono a Firenze per dare vita all’Associazione Ricreativa e Culturale Italiana, si lanciavano le sfide che sono ancora al centro dell’azione dell’Arci. Dalla difesa del diritto alla ricreazione e alla Cultura al diritto “dei lavoratori e dei cittadini” alla libertà di associazione in circoli democratici e pluralisti.
Si lanciava una sfida alla società e alla politica italiana nella ricostruzione post bellica attraversata dalle lotte sindacali e dalle trasformazioni sociali di quegli anni, dove l’impatto della diffusione della televisione e della radio nelle case degli italiani stava cambiando la cultura del Paese.
L’Arci proponeva l’intreccio della politica con la cultura, indispensabile a rendere la politica stessa significativa e, insieme, riconosceva che anche lo svago, nelle sue diverse espressioni, era un modo – altrettanto prezioso – per far uscire i giovani dall’isolamento, dall’individualismo, dalla passività; il riconoscimento di quanto sia importante dare, attraverso l’auto organizzazione e la scoperta dell’altro, la soggettività necessaria ad agire per non restare solo un suddito.
Negli anni ’70 l’Arci sarà fondamentale per intercettare i nuovi bisogni e le spinte di libertà ed emancipazione delle giovani generazioni, sviluppando un associazionismo fortemente radicato in tutta Italia.
Ma è negli anni ’80 e’ 90 che, per merito di tanti uomini e donne che hanno trovato uno spazio culturale e politico diverso da quello dei partiti, l’associazione contribuì alla nascita di molta parte del terzo settore italiano: dall’Arci Gay, alla Lega per l’Ambiente, da Arci Gola (poi Slow Food) a Libera, Banca Etica e il Forum del Terzo Settore. Una stagione straordinaria di impegno nel movimento pacifista, per l’antimafia sociale, a difesa dei diritti civili e sociali di tutti, per un nuovo modello di sviluppo. Già allora!
Di questa straordinaria avventura, che ha continuato a tenere insieme difesa dei diritti e progettualità artistica e culturale, è debitrice l’Arci di oggi, con la sua rete di 4.000 circoli e associazioni culturali, con il suo impegno contro il razzismo, con centinaia di progetti di accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo, con un rinnovato protagonismo nelle pratiche di mutualismo che sono state fondamentali per dare sostegno alle persone più fragili in questi due anni di pandemia.
Per la sua storia e per quello che è oggi, di Arci ci sarà più bisogno di prima, come ci siamo più volte detti: stiamo ripartendo e ricominciando da noi stessi, dalle nostre pratiche e dalle nostre idee per contrastare paure, solitudini e povertà diverse. Crediamo che il nostro quotidiano lavoro di cura possa aiutarci a ricostruire comunità, società, socialità, emancipazione, inclusione e partecipazione.
Avremo però bisogno del contributo di tutte e di tutti: esserci sarà necessario per rispondere a bisogni molto concreti delle nostre comunità, per colmare quel bisogno di relazione e cambiamento collettivi.
Esserci sarà entusiasmante, perché insieme potremo dare forma ad un’associazione che vive nel presente, fa tesoro del passato, guarda con fiducia al futuro.
Auguri, quindi, a tutte e tutti noi e grazie a tutte e tutti voi che continuate a sostenerci!
*Presidente dell’Arci
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