Idiosincrasie e predilezioni in una piccola raccolta di interviste
Sette brevi interviste comprese tra il 1998 e il 2003, quando Roberto Bolaño era già stato consacrato dalla critica, interrogano lo scrittore cileno, negli ultimi anni della sua vita, interrotta […]
Sette brevi interviste comprese tra il 1998 e il 2003, quando Roberto Bolaño era già stato consacrato dalla critica, interrogano lo scrittore cileno, negli ultimi anni della sua vita, interrotta […]
Sette brevi interviste comprese tra il 1998 e il 2003, quando Roberto Bolaño era già stato consacrato dalla critica, interrogano lo scrittore cileno, negli ultimi anni della sua vita, interrotta dalle conseguenze di un grave patologia al fegato. Ciò che c’è di più interessante, in questo libretto titolato Bolaño. La prossima battaglia (a cura di Gabriele Morelli, Medusa, pp. 73 euro 9,00), riguarda la sua intelligenza non immune dal gusto del paradosso, la sua teorizzata tolleranza, che gli permette di rispondere, a volte, a domande francamente irritanti, e le sue idiosincrasie – verso il realismo socialista di Neruda, naturalmente, e verso scrittori come Sepúlveda o Letelier, ma anche verso la poesia altera di Octavio Paz. E si incontrano, fra queste pagine, anche le predilezioni letterarie dell’autore cileno – il poeta Roque Dalton, al quale dedica lunghe digressioni, o autori come e Huidobra, Cardenal, che hanno smesso di interessarlo.
Fisse, invece, le stelle di Borges e Cortázar. La iniziazione di Bolaño alla poesia avvenne attraverso gli autori messicani e la loro vita bohèmienne. La poesia e il romanzo facevano parte di un unico progetto letterario, dove «tutto è assolutamente coeso» e connesso. In una intervista ai «Quadernos hipspanoamericanos» Bolaño parla molto dei Detective selvaggi, dove l’alter ego Arturo Belano funziona come una sintesi di «ciò che uno vorrebbe essere, ma… anche ciò che uno ha evitato di essere». Il romanzo dotato di «una struttura difficilissima e una unità tremenda» è dedicato all’amico Mario Santiago, un alcolizzato terminale che venne investito da una macchina il cui conducende si diede alla fuga. «Bisogna scrivere al di fuori della legge. Sempre», diceva Bolano, e a chi gli additava una concezione borghese delle vita e dell’opera d’arte rispondeva: «Si è soliti parlare male della vita borghese. Io non ho mai avuto una vita di quel tipo, però mi piacerebbe moltissimo averla o averla avuta. Ciò che intendiamo per vita borghese è esattamente ciò a cui deve tendere qualsiasi rivoluzione futura».
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