Oderso Rubini fondò l’etichetta Harpo’s Bazar, è stato uno dei pionieri del punk rock italiano e il primo produttore degli Skiantosprimo produttore degli Skiantos (anche dei Gaznevada, per dire), è cofondatore dell’associazione We Love Freak. Rubini ha più volte raccontato e riconsiderato quegli anni di incredibile fermento, ha conosciuto gli Skiantos a fine anni ’70, prima del loro esordio: «Eravamo in uno dei rari momenti in cui tutto sembrava possibile, sentivamo l’esigenza e l’urgenza di allontanarci in maniera critica e alle volte feroce dai cantautori emiliani, dal mainstream pop, volevamo vivere il presente senza quei condizionamenti che, spesso, inducono al senso di passività e di impotenza sulle scelte della vita». Un momento topico fu «Spaghetti Performance» il 2 aprile 1979 al festival Bologna Rock organizzato proprio dall’etichetta di Rubini: invece di suonare gli Skiantos cucinano un piatto di spaghetti. Quella che sembra una rischiosa trovata di avanspettacolo viene ricordata come un gesto punk: «Era nata per essere una serata piena di provocazioni: le scene porno proiettate sul soffitto del palasport, nessun presentatore, combo improvvisate in mezzo al pubblico sulle gradinate, 10 gruppi sconosciuti ai più, totale assenza di servizio d’ordine, 6000 spettatori richiamati da qualcosa che non era ancora ben chiaro… Avevamo colto quel bisogno di cambiamento e gli spaghetti degli Skiantos erano un urlo situazionista, dadaista, qualunquista, decidete voi…».

NEL GIUGNO 1980 arrivano i Clash in Piazza Maggiore. Bologna è una città molto diversa da oggi, con un’atmosfera particolare: «Il clima era di grande contrapposizione tra l’amministrazione della città e i giovani che non aveva accettato alcun tipo di confronto dopo l’orribile, ma in qualche modo fertile, 1977, con la morte dello studente Francesco Lorusso e la grande adunata del Convegno contro la Repressione. Con il free concert dei Clash il comune voleva riaprire un dialogo con i giovani: la nascente scena punk bolognese contestò i Clash per essersi venduti alle major, parti del movimento distribuirono un flyer intitolato Salsicce Rock ed eroina, una tazzina di caffè a malapena riesco a mandar giù che in sintesi diceva: non basta un concerto gratuito per cancellare tutti i disagi e le contrapposizioni precedenti».

OGGI «ROCK DEMENZIALE» non è un dispregiativo, una definizione che gli Skiantos sono riusciti a nobilitare; non si prendevano sul serio ma facevano sul serio. Un maggiore riconoscimento però è giunto puntuale dopo la scomparsa di Freak: «Freak aveva scritto in uno dei suoi versi: Saremo amati dopo la morte, ci è toccata questa sorte, il destino un poco infame, ci regala queste pene…, il rock demenziale è stata una delle poche schegge di rock italico ad avere una precisa identità soprattutto per l’uso dei testi, eleganti, ironici, ma anche trasgressivi. È ancora vivo nella memoria di tanti, penso che il loro lavoro nasconda ancora pochi punti oscuri, se non forse quella ricerca di una dimensione spirituale di Freak non ancora compiutamente espressa». Il libro che Rubini ha curato è un frullatore di foto, disegni, racconti, recensioni, per certi versi sembra il mondo surreale/poetico di Freak.

Nell’ultimo periodo Freak disse che l’essere stati etichettati come outsider significava anche essere considerati inaffidabili.

IL LIBRO è anche un modo per passare il testimone a chi non ha potuto conoscere il fenomeno Skiantos: «L’ambizione era quella di raccontare la loro storia in maniera non troppo convenzionale, per restituire qualcosa della loro fine intelligenza. Come tutti i grandi movimenti artistici del ‘900 sono stati capaci di influenzare generazioni intere di artisti, perché non immaginare che una grande storia come quella degli Skiantos, possa stimolare altri ad appropriarsene per produrre qualcosa di nuovo?». Nell’ultimo periodo Freak disse che l’essere stati etichettati come outsider significava anche essere considerati inaffidabili. Qualcosa che alla lunga e con i gusti musicali che cambiavano, logorò gli Skiantos fino a non avere più nemmeno una casa discografica. La loro attitudine è ancora in circolazione? «No input, no output sosteneva Joe Strummer: se in un sistema non immetti qualcosa, non può esserci nulla in uscita. È difficile dire se con modalità diverse ci siano artisti che hanno potenzialmente un’attitudine come quella degli Skiantos, penso a Lo Stato Sociale. La rete è diventata uno strumento talmente potente da cambiare in brevissimo tempo regole della musica che si riproducevano da circa 50 anni, permettendo a tanti, forse troppi, di fare cose fino a pochi anni fa impensabili. Gli Skiantos non avevano più casa discografica: era solamente il segnale del cambiamento epocale in arrivo…».