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«Ici Rien», la Grecia raccontata da Exarchia

«Ici Rien», la Grecia raccontata da Exarchia

Intervista Daphné Hérétakis parla del film nella selezione del Cinema del Reale, a Specchia dal 22 luglio. La protesta greca e il ritratto di un quartiere nella sua intimità

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 18 luglio 2015

Se Atene brucerà la prima fiamma sarà ad Exarchia», dice un abitante del noto quartiere popolare della capitale greca in Ici Rien, breve documentario della giovane regista Daphné Hérétakis. Il film sarà presentato nel focus sulla Grecia della Festa del cinema del reale di Specchia (dal prossimo 22 luglio) e sono proprio le voci degli abitanti di Exarchia a guidarci tra le strade di questo microcosmo: dal bambino che ha partecipato alla rinascita del parco locale alla proprietaria di un negozio, passando per gli attivisti politici che abitano in gran numero questo quartiere.

 

 

Ai tempi in cui Hérétakis inizia a girare, nel 2008, eravamo ancora distanti dal cataclisma abbattutosi in questi giorni sulla Grecia, ma già le fiamme della contestazione cominciavano a divampare, e di lì a poco sarà ucciso dalla polizia, senza alcun motivo, lo studente quindicenne Alexis Grigoroupulos. Ritrovatasi all’epicentro delle manifestazioni spontanee nate in seguito a quell’omicidio, la regista continua a girare ad Exarchia fino al 2011, già nel pieno della crisi economica e politica che porta fino agli eventi di oggi.

 

 

Il suo è però un lavoro dall’apparenza molto intima, in cui lo stesso formato – il Super8 dei vecchi filmini familiari ed il sedici millimetri, «tutti sviluppati a mano nel quartiere la notte» – danno una dimensione quasi privata ai racconti ed alle immagini. Come se il quartiere stesso si raccontasse attraverso la macchina da presa che si sofferma sulle strade, piazze e palazzi mentre fuori campo scorrono le voci di chi li vive in prima persona.

 

 

Com’è nata l’idea di girare ad Exarchia?
All’inizio non conoscevo molto Exarchia: mi interessava quel quartiere perché stava cambiando, si stava gentrificando. Volevo scoprirlo, fare dei ritratti delle persone che lo abitano e mostrare i suoi altri aspetti oltre a quelli della propaganda che lo dipinge come un covo di «pericolosi anarchici». Pochi mesi dopo che ho iniziato a filmare è stato ucciso Alexis Grigoropoulos, e dato che mi trovavo lì non ho potuto fare a meno di seguire le manifestazioni, il movimento di reazione molto forte che c’è stato.
Più che vedere dei ritratti si ha l’impressione che sia il quartiere a «parlare». Avevo filmato tutte le persone che ho intervistato. In quei giorni c’era una sensazione di speranza, che le cose potessero cambiare in meglio. Poi è morto Alexis, e inoltre dopo tre anni non avevo ancora finito il film. Così ho deciso di tornare ad Exarchia per fare dei ritratti del quartiere negli stessi posti dove le persone mi avevano parlato. A quel punto molti negozi avevano chiuso, o si erano dovuti spostare, non potevano più esistere in quel posto. Quindi per me era importante avere delle immagini che parlassero di un’assenza e di un’impossibilità.

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Oggi invece cosa si vede ad Exarchia?
Ero lì la domenica sera del referendum, c’è stato qualche scontro con la polizia, ma è tutta la Grecia adesso ad essere colpita dai disordini perché quello che sta succedendo è immensamente più grande di un solo quartiere. Sono stata molto sorpresa del fatto che il 60% dei greci abbia votato no: ho trovato che fosse molto coraggioso. E penso che sia stato un voto di classe: a votare così sono stati quelli che non hanno più niente da perdere. Inoltre molti giovani, come mia sorella, sono andati a votare per la prima volta, perché si sono sentiti come se avessero l’occasione di reagire anche loro.

 

 

Cosa pensa della difficile «scelta» di Tsipras?
Questo terzo piano di austerità è una catastrofe. Una grande parte del popolo greco sarebbe pronta ad uscire dall’euro, perché non ne può più di questa politica di colonizzazione, di questa guerra economica assurda: è ovvio che più c’è austerità e meno ci sono soldi e la persone non possono pagare. Ma allo stesso tempo mi rendo conto che è complesso, perché la gente ha ben poco in banca, ed il giorno che dovessimo decidere di uscire dall’euro perderebbe tutto. Proprio i più poveri si ritroverebbero a non avere più nulla.

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