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I vescovi siciliani accusano: politica responsabile delle stragi

I vescovi siciliani accusano: politica responsabile delle stragiLampedusa – Ansa

Lampedusa Durissimo attacco alla politica dei porporati riuniti a Siracusa. Nel centro d’accoglienza più di mille persone. La sindaca Giusi Nicolini: «bisogna andare oltre i pattugliamenti in mare»

Pubblicato circa 11 anni faEdizione del 15 ottobre 2013

Gli uomini di chiesa, abituati da due millenni a diffondere il verbo, scelgono sempre le parole con cura. Non griderebbero mai, per esempio, “assassini”, come hanno fatto i lampedusani quando sull’isola sono sbarcate “le autorità” italiane ed europee per una visita lampo ai cadaveri. I vescovi della Sicilia, che si sono riuniti ieri a Siracusa, direbbero che “la gente di Lampedusa” ha mostrato al mondo “il valore e l’efficacia dei gesti semplici e significativi del quotidiano: la vicinanza, il soccorso, il pianto, la collera, la pazienza. E nello stesso tempo ha dimostrato l’inutilità controproducente di talune risposte istituzionali che non hanno contribuito a risolvere il problema, ma anzi hanno moltiplicato il numero delle vittime”. Diverso lo stile, ma identico il durissimo atto di accusa verso i responsabili delle istituzioni, i moltiplicatori di morti.

[do action=”citazione”]402 i morti accertati negli ultimi giorni, 150 ancora dispersi[/do]

Sono solo numeri ormai, per la cosiddetta opinione pubblica. Crescono ogni giorno, ma è notizia che non commuove: ormai sono 364 i corpi recuperati dal barcone naufragato il 3 ottobre, 38 invece quelli della seconda tragedia avvenuta venerdì scorso, anche se risultano disperse circa 150 persone. E non finirà qui. Il flusso dei migranti a Lampedusa e sulle coste siciliane è continuo e, come spiega il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini, forse i pattugliamenti promessi da Enrico Letta non sono la soluzione: “E’ una buona risposta immediata ma bisognerebbe andare oltre creando corridoi umanitari sicuri per fare in modo che nessuno sia più costretto a imbarcarsi sui barconi della morte. Occorre andare oltre i pattugliamenti e le operazioni di soccorso in mare”. Lo dimostra l’ultimo sbarco avvenuto sull’isola ieri mattina all’alba, in un momento in cui il traffico nel canale di Sicilia non dovrebbe passare inosservato: un barcone con 137 migranti è approdato direttamente nel porto senza alcun problema. Tutti sono stati soccorsi e trasferiti nel centro di accoglienza dell’isola che così “ospita” nuovamente circa 1.000 persone. Uno scandalo nello scandalo, anche solo non essere in grado di organizzare un’operazione rapida di smistamento a dieci giorni dal primo naufragio.

La situazione, anche se meno drammatica, è identica in Sicilia: ieri mattina il centro di Pozzallo ha “accolto” 155 migranti arrivati con il pattugliatore Asso, sono 97 uomini, 34 donne e 24 minori. E gli sbarchi, ovviamente, proseguono senza sosta anche laddove non sono accesi i riflettori dei media, come lungo la costa Trapani-San Vito lo Capo: ieri 39 persone sono state bloccate dai carabinieri mentre camminavano alla ricerca di un qualche mezzo che li portasse al nord. Alla stazione Centrale di Milano, in questi giorni, cominciano a farsi vedere persone che pochi giorni fa erano in balia delle onde. Non chiedono di restare, non vogliono asilo politico, vogliono lasciare l’Italia, hanno in testa la Svizzera e il nord Europa.

A Lampedusa, intanto, ieri altre decine di bare sono state caricate sulla nave Libra diretta a Porto Empedocle. Un’operazione straziante per molti parenti delle vittime arrivati dalla Svezia, dalla Germania e dalla Svizzera. Avrebbero voluto aprire le bare e guardare per l’ultima volta i fratelli, gli amici, le sorelle. Non si accontentano di stare sul molo con in mano una fotografia per il riconoscimento del cadavere, o di piangere un numero appiccicato sulla bara. “Molti – spiega un mediatore culturale di Palermo – chiedono di vedere catenine e braccialetti trovati sui cadaveri per poter essere certi del riconoscimento”. Anche un oggetto può aiutare a trovare un perché.

 

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