Alla vigilia dell’incontro con i sindaci, il premier Renzi cerca di buttare acqua sulle polemiche, con uno dei suoi soliti tweet: «Nel 2015 le tasse vanno giù con gli 80 euro per 10 milioni italiani e incentivi su lavoro (Irap e assunzioni). Questi i fatti #lavoltabuona». Chissà se i primi cittadini riuniti nell’Anci e i governatori riusciranno a farsene una ragione: il faccia a faccia sul Def – «all’americana», aveva detto con una battuta lo stesso Renzi – si svolgerà questa mattina alle 8, a Palazzo Chigi. Dopo l’incontro, il capo del governo si recherà al consiglio dei ministri, dove è atteso il varo del provvedimento, accompagnato dal Piano nazionale delle riforme, e insieme la nomina del/la sottosegretario/a che sostituirà Graziano Delrio.

La giornata è stata costellata di polemiche, con i sindaci capitanati da Piero Fassino e i presidenti di Regione guidati da Sergio Chiamaparino (peraltro entrambi del Pd), piuttosto decisi a respingere nuovi tagli. Nel dibattito generale si è inserito lo scontro tra i primi cittadini di Firenze e di Bologna, Dario Nardella e Virginio Merola. Il primo ha contestato il fatto che «riguardo ai tagli alle città metropolitane, non si capisce perché a Bologna tocchi il 5% e a Firenze il 23%». Merola ha replicato chiedendo le dimissioni da coordinatore dell’Anci: «I criteri di ripartizione dei tagli sono stati concordati in Conferenza Stato-Regioni. Nardella è coordinatore, per l’Anci, delle città metropolitane: non si è mai visto un coordinatore che invece di rappresentare tutti attacca altre città. Quindi, o ha sbagliato o si dimetta».

Fassino, dal canto suo, ha spiegato che si recherà al confronto con Renzi «con spirito propositivo», e che i sindaci «non vanno alla guerra con nessuno», ma «chiedono di discutere»: «Dal 2010 ad oggi, tra taglio dei trasferimenti e patto di stabilità, i Comuni hanno fatto sacrifici per 17 miliardi di euro. E questo nonostante incidano poco sia sul totale del debito pubblico, il 2,5%, sia sull’intera spesa pubblica, il 7,6% – ha spiegato – Mi pare che altri abbiano contribuito molto meno al risanamento dei conti pubblici. Mi riferisco alle amministrazioni centrali dello Stato».

Le richieste dell’Anci al governo, conclude Fassino, sono essenzialmente due: «Da un lato chiediamo che si dia soluzione a una serie di problemi che si sono posti con i bilanci 2015, in particolare avendo deciso il governo che la Local tax si applica dal 2016 e quindi il regime Imu Tasi è uguale. Nel 2014 il regime prevedeva un fondo integrativo di 625 milioni per evitare che 1800 comuni nel passaggio da Imu a Tasi avessero una perdita di gettito e quindi se il regime resta lo stesso, in questo regime deve esserci il fondo perequativo. La seconda questione che hanno posto i sindaci di Firenze, Roma e Napoli è che il taglio per queste tre città è particolarmente oneroso. Il problema è fare una discussione serena su come trovare una soluzione».

Il taglio alle città metropolitane è di un miliardo di euro, insostenibile per centri già indebitati. Alle 13, dopo che il confronto con il governo si sarà già concluso, i sindaci delle maggiori città di incontreranno per un vertice, coordinato per l’Anci da Dario Nardella.

«Non vedo margini, dopo i cinque miliardi già tagliati», aggiunge il presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino. «Un’operazione di razionalizzazione delle partecipazioni non può avere ricadute di cassa immediate, se non minime». Piuttosto, «si può fare un programma di medio periodo che consenta di migliorare il sistema delle partecipazioni pubbliche, locali e centrali». Infine Chiamparino torna a chiedere al governo un «incremento del fondo sanitario» dopo i sacrifici del 2015.

Hanno ribadito la loro opposizione al Def anche Cinquestelle, Sel e Forza Italia. Intanto dalla bozza del Def sono arrivate anche le previsioni sull’occupazione: il governo è orientato a «irrobustire» la ripresa, che porterà «un deciso recupero dell’occupazione nel prossimo triennio», dice il Def. Il tasso di disoccupazione si prevede in calo al 12,3% quest’anno (dal 12,7% del 2014), per arrivare all’11,2% nel 2017 e fino al 10,5% nel 2019.

Per Susanna Camusso (Cgil), «sentiamo la stessa musica da 7 anni», mentre da Bruxelles arriva un primo ok, anche se la valutazione defintiva arriverà a fine maggio.