Cultura

I sentieri inquietanti dell’involuzione italiana

I sentieri inquietanti dell’involuzione italianaGenova, luglio 2001, la repressione al vertice del G8. Foto Ap

Scaffale Dal G8 di Genova a oggi, «Democrazia tradita» di Roberto Bertoni e Marco Revelli, PaperFirst

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 10 gennaio 2024

Democrazia tradita è un bel testo scritto dal giovane giornalista Roberto Bertoni con il sociologo e storico Marco Revelli (PaperFirst, pp. 244, euro 16). Non si tratta di una riflessione così consueta, visto che il discorso corre feroce lungo i sentieri inquietanti dell’involuzione della democrazia italiana.

Il libro, pur di impatto immediato, scava nel profondo della crisi dell’età recente, quella ancora troppo fresca per essere adeguatamente inquadrata nelle periodizzazioni di più lungo respiro. E, tuttavia, proprio la scarsa reattività dimostrata dopo la sconfitta del 2001 da parte di un centrosinistra ancora sotto il segno di un Ulivo appassito testimonia la pesantezza di una parabola diventata inesorabile. Vi fu sì la parziale ripresa con un ritrovato Romano Prodi nel 2006, ma la ferita si rimarginò solo per un periodo breve (e caotico), perché la sconfitta era culturale prima che politica.

IL CONTRIBUTO OFFERTO alla riflessione critica dal volume di Bertoni e Revelli ha un baricentro: la orribile vicenda del G8 di Genova del 2001, la carta da visita del nuovo governo presieduto da Silvio Berlusconi. In quella tragedia, che vide la morte di Carlo Giuliani, si consumò un vero e proprio cambio di fase. Si annunciava il connubio in un clima di macelleria messicana (il buco nero della Diaz, tra l’altro) tra il liberismo del Cavaliere e una destra non solo alleata nel governo, bensì presente con crudele determinazione negli apparati dello Stato.

Lì, giustamente si osserva, si consumò una parte saliente del divorzio tra politica, società e – soprattutto – nuove generazioni. Si stigmatizza la debolezza dei Democratici di sinistra, spavaldamente assenti dalle proteste genovesi per un malcelato senso della responsabilità nazionale: residuo non certamente tra i più positivi della storia contraddittoria del glorioso Partito comunista italiano.

Un intero mondo accorso nelle calli liguri per manifestare contro una visione mercatista della globalizzazione fu abbandonato. E molti problemi successivi nascono proprio in quella stagione, segnata da una colpevole sottovalutazione del berlusconismo e dall’incomprensione dei germi di una restaurazione autoritaria, di cui oggi vediamo la nitida espressione.

Genova e non solo, ovviamente. Si prendono in considerazione i tempi del governo presieduto da Mario Draghi, durante i quali tutti persero la propria (presunta e già assai bucherellata) innocenza, e l’unica a trarne vantaggio fu l’allora oppositrice Giorgia Meloni. Dopo Monti, l’ex presidente della Banca centrale europea chiuse il cerchio dell’abdicazione della politica dalle responsabilità di governo. Mutatis mutandis, lo stesso Giuseppe Conte non sarebbe salito a Palazzo Chigi senza la scia di quella ventata.

MA IL TESTO non è clemente neppure con il Movimento5stelle, pur riconoscendone (giustamente) la positiva azione in diversi ambiti: dal reddito di cittadinanza, all’attenzione verso i ceti deboli, al rilancio della questione morale. Tuttavia, tracce di alternativa si trovano, malgrado il cuore moderato del Pd (Elly Schlein sembra quasi un’ospite) e il populismo (pur ora temperato) mutuato dall’incipit grillino.

La rivoluzione del movimento Fridays For Future ci indica la strada di un cambiamento che rompa una volta per sempre con le culture liberiste e schiave delle logiche del mercato. Inoltre, l’avvento di algoritmi e intelligenza artificiale costringe a ripensamenti radicali. Ecco, dunque, la doppia urgenza: contrastare fino in fondo la tendenza autoritaria in atto con l’attacco diretto contro la Costituzione; rinnovare con coraggio e senza inerzia o nostalgie una sinistra che voglia riprendersi dal letargo.

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