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I sei anni di Bach a Köthen

I sei anni di Bach a KöthenBenjamin Alard

Improvvisi Su Benjamin Alard e i «The Complete Works for Keyboard, 8, Köthen 1717-1723»

Pubblicato circa un anno faEdizione del 3 settembre 2023

Dedicato da Benjamin Alard «ai momenti di solitudine e di tristezza» seguiti alla morte della prima moglie di Johann Sebastian Bach, l’ottavo volume di The Complete Works for Keyboard, 8, Köthen 1717-1723 – For Maria Barbara, harmonia mundi, € 22,99, mp3 € 10,99) consiste di tre Cd, che fanno parte di una serie dedicata all’opera per tastiera del compositore di Eisenach. Alard esegue i preludi e le suite su un clavicembalo Couchet del 1645 e le invenzioni e le sinfonie (invenzioni a tre voci) su un clavicordo costruito apposta per la registrazione da Émile Jobin nel 2018. Il periodo di Köthen durò sei anni, in cui, poiché la corte calvinista in chiesa non ammetteva che il canto dei corali, Bach si diede anima e corpo a una spericolata sperimentazione strumentale, della quale il principe Leopoldo era particolarmente appassionato, e nella quale riassume e matura l’esperienza musicale europea, filtrandola con una fantasia inesauribile. Sono gli anni in cui si accende l’interesse di Bach per la musica francese, e in particolare per François Couperin. Erano appena usciti il primo libro delle Pièces de clavicin (1713) e L’Art de toucher le clavicin (1717). I due compositori si scrivevano. Sembra che Bach amasse far precedere le sei Suites francesi da un preludio di Couperin nella stessa tonalità, scelto tra quelli dell’Art de toucher le clavicin. Sono pagine strabilianti. Alard ricostruisce quella esperienza, e fa precedere ogni suite da un preludio di Couperin.

Agli stessi anni appartengono le Sonate e partite per violino solo, che Bach suonava anche sul clavicembalo, e di cui ci è arrivata qualche trascrizione autografa e dei suoi figli. Sbalorditiva quella in re minore dalla Sonata in la minore (nel passaggio dall’arco alla tastiera spesso Bach cambia la tonalità) con una lunghissima e stupenda fuga, impervia sul violino, ma ardua anche sulla tastiera, e la celeberrima Ciaccona, dalla seconda Partita, che forse non è un tombeau, come si è ritenuto, per la morte di Maria Barbara, ma fa comunque parte della musica che si suonava in casa, per la moglie e i sette figli, solo quattro dei quali sopravvissuti fino all’età matura. Tra questi, il grande Carl Philipp Emanuel. Bach si prende molte libertà nell’armonizzare la partitura violinistica, soprattutto nella fuga: aggiunge figure di passaggio, sviluppa in intonazioni melodiche le successioni scarne di accordi. Si ha l’impressione di entrare nel suo laboratorio, cogliere come un’idea, una cellula si trasformi in discorso fluido e quasi d’improvvisazione. Probabilmente suonava e improvvisava queste trascrizioni per sé stesso, o per Maria Barbara. Ce ne sono arrivate poche sicuramente sue, tra le carte del genero Altnickol. Oltre al piacere intellettuale nel seguire il lavoro di composizione, una profonda commozione afferra l’ascoltatore per la ricchezza inesauribile delle invenzioni ritmiche, armoniche, melodiche. E, soprattutto, perché questa, come pochissime altre, è una musica che canta sempre. L’andatura dell’armonia, risultato dell’incontro contrappuntistico delle voci, ne rafforza la cantabilità espressiva, soprattutto per l’uso frequente e sorprendente delle dissonanze. Per i figli sono forse scritte le Invenzioni e le Sinfonie. Pagine, tutte, alle quali conviene abbandonarsi, per scoprire, quasi inavvertitamente, nuove possibilità di catturare una conoscenza inedita della realtà: nulla di mistico, se non quanto è interno al canto stesso, piuttosto l’evidenza con cui la musica si fa pitagorica rappresentazione del mondo. Già qui prefigurate, l’Offerta Musicale e l’Arte della Fuga nascono tutt’altro che all’improvviso: ma il miracolo di questo ascolto è anche merito dell’intelligenza e della sensibilità di Alard, della fluidità del suo fraseggio, della sapienza con cui controlla la singolarità dei ritmi.

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