Visioni

I ritmi dell’America urbana figli della grande migrazione

I ritmi dell’America urbana figli della grande migrazione

JazzSet «Al calore di soli lontani», il libro della studiosa Isabel Wilkerson, il grande cambiamento che trasformò gli Stati uniti

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 11 febbraio 2014

«Il racconto epico della Grande migrazione afroamericana: sessant’anni di durata (1915- ‘70), sei milioni di neri che abbandonano il Sud degli Usa per trasferirsi soprattutto nel Nordest e Nordovest del paese, dalle campagne alle città, da una vita senza speranza al sogno di un arduo riscatto. Di questo, e di molto altro, narrano le cinquecento pagine di Al calore di soli lontani (il Saggiatore, euro 14,90) della studiosa, giornalista e docente universitaria Isabel Wilkerson. Nel 1994 l’autrice, oggi cinquantaduenne, vinse il premio Pulitzer per gli articoli pubblicati sul «New York Times»; è docente di giornalismo alla Boston University. Ben quindici anni di ricerche, studio e scrittura le ci sono voluti per un’opera epica e monumentale (prima edizione Usa nel 2010) che unisce il rigore della documentazione alla capacità della narrazione e al calore della testimonianza. Pur se diverse, e distanti, Toni Morrison ed Isabel Wilkerson sembrano parlare la stessa lingua: l’una sul fronte della narrativa, l’altra su quello della storia.

Il titolo, magnifico, è ispirato da alcuni versi di Richard Wright e ben sintetizza la speranza ed il coraggio celati nell’enorme «diaspora interna» che vide i Neroamericani spostarsi all’interno degli Usa a partire dal 1915. «La Grande migrazione fu un punto di svolta nella storia del paese. Trasformò l’America urbana – afferma l’autrice – e riplasmò l’ordine sociale e politico di tutte le città che sfiorò (…) La Migrazione nacque dalle promesse mancate della Guerra di secessione e con tutto il suo peso esercitò una spinta decisiva per la rivoluzione dei diritti civili negli anni sessanta» (p.18). Chiunque si interessi degli Usa e in qualsiasi ambito (da quello economico a quello musicale) dovrebbe leggere questo testo che davvero rivela i meccanismi profondi di una trasformazione di cui, spesso, si vedono solo gli esiti e non le travagliate radici.

Il volume si snoda in cinque parti più un epilogo.: «Nella terra degli avi»; «Gli inizi»; «L’esodo»; «L’amante più gentile»; «L’indomani». Come molte forme della cultura afroamericana ha un andamento storico-esistenziale circolare (più che lineare): inizia con la partenza di Ida Mae dalla contea di Cickasaw nell’ottobre 1937 e si conclude con il suo ritorno nel Mississippi da Chicago nell’ottobre 1998, sessantuno anno dopo la sua migrazione. Da essa, racconta e ricostruisce la Wilkerson, «nacquero persone che non sarebbero esistite o avrebbero preso un’altra strada: James Baldwin e Michelle Obama, Miles Davis e Toni Morrison, Spike Lee e Denzel Washington (…) dall’esodo nacquero anche il linguaggio e la musica dell’America urbana, figlia dei blues portati dagli emigranti e capace di dominare ancora oggi le frequenze radiofoniche»» (p.19). Senza la migrazione il fiore del jazz, musica cittadina per eccellenza, non sarebbe mai sbocciato.

luigi.onori@alice.it

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