Al caso delle riletture occasionali ho trovato su una bancarella il romanzo di Emilio Tadini Le armi, l’amore (Rizzoli, 1963), che racconta di Carlo Pisacane, rivoluzionario italiano ben noto ai ragazzini di un tempo perché a scuola, alle elementari, dovevano imparare a memoria la lunga e «cantabile» poesia del Mercantini La spigolatrice di Sapri, dal cupo ritornello «Eran trecento, / eran giovani e forti/ e sono morti».
Sono in tanti ad aver amato la figura di questo eroe risorgimentale, ormai eternamente giovane, che voleva liberare il popolo meridionale dalle sue oppressioni e miserie, e che il popolo meridionale ammazzò, lui e i suoi compagni.

Molti anni fa,un giovane regista diresse un film sulla spedizione, Quant’è bello lu morire acciso (Ennio Lorenzini, 1976), e di recente uno dei più bravi e coraggiosi registi di oggi, Pietro Marcello, ha preparato con Maurizio Braucci un film su Pisacane ma vi ha rinunciato per un film su Eleonora Duse da vecchia… Mi auguro che quel progetto sia presto recuperato…

Qualche anno fa, Alessandro Leogrande curò un riedizione del grande Saggio sulla rivoluzione di Pisacane per le Edizioni dell’asino. Furono tanti a paragonare con ragione la spedizione di Sapri a quelle di Che Guevara in America Latina, e altri confronti si potrebbero fare. Se è vero, ed è vero che quando si soffre di un’oppressione politica, economica, e anche culturale, «ribellarsi è giusto», l’esempio di Pisacane è forse destinato ad avere anche un futuro… ma non luttuoso, festoso…

Il romanzo di Tadini è bellissimo, ma Tadini fu famoso soprattutto come pittore (uno dei nostri migliori, nel secondo dopoguerra, un avanguardista sensato e profondo…), e ho avuto la grande fortuna di frequentarlo, nei miei anni milanesi, vedendolo talvolta insieme a Tullio Pericoli, un altro grande artista, marchigiano e milanese, che ancora «combatte insieme a noi».

La redazione di Linea d’ombra era in fondo a via Tadino, e io abitavo in cima, più o meno, alla stessa strada… Due andate e due ritorni ogni giorno… ma a metà strada c’erano due luoghi in cui fermarsi per qualche chiacchiera divagante (e ammaestrante), la Galleria chiamata appunto di via Tadino, dove il Nostro era di casa, e poco più in giù c’era la Cisl, e proprio davanti alla Cisl c’era e c’è ancora una libreria, nuova sede della Corsia dei Servi, sfrattata dalla sua storica sede vicino a San Babila dalla burocrazia cattolica.

Sto rileggendo il romanzo di Tadini su Pisacane pensando malinconicamente ai tempi andati e ai nostri morti, e di Tadini, continuando a lamentare che non vi siano in giro studiosi importanti della sua opera letteraria (per quella pittorica mi sembra vada assai meglio…). Ah, l’Università!

Una delle ultime sue fatiche fu l’adattamento della Tempesta di Shakespeare al teatro Franco Parenti, o Pier Lombardo che dir si voglia, pensato su misura per un grande comico dialettale, Piero Mazzarella, un indimenticabile «Tecoppa» alle prese con Prospero… Tadini, grande pittore e grande scrittore, fu anche di aiuto e di consiglio a tanti giovani milanesi, nel lungo periodo della stanchezza post-’68.