I ragazzi di don Gallo, a fumetti
Graphic «Allargo le braccia e i muri cadono» di Claudio Calia per Feltrinelli
Graphic «Allargo le braccia e i muri cadono» di Claudio Calia per Feltrinelli
L’osteria marinara A’lanterna di don Gallo è un posto accogliente dove si mangia e si beve benissimo. A poche centinaia di metri ci si addentra nella zona di San Benedetto al Porto dove c’è la parrocchia, il Teatro degli zingari e la Comunità che gestisce anche la bottega del Porto dove i genovesi fanno una spesa con una carta «a punti» ma da cui nessuno tra chi vi entra, carta o non carta, esce a mani vuote. Fondata da don Andrea Gallo nel 1970 la Comunità accoglie tossicodipendenti, prostitute, ex carcerati al fine di aiutarli a trovare percorsi lavorativi veri e propri.
Per don Gallo, prete antifascista affascinato dalla direzione ostinata e contraria di De André, tutto inizia in quella parrocchia dove la sua messa era vissuta sempre come un evento. Milena, con la quale Claudio Calia, uno dei più importanti autori italiani di giornalismo a fumetti, aveva già lavorato nella redazione di radio Sherwood a Padova, racconta «Tu non andavi a messa perché eri credente, ci andavi perché volevi sentire don Gallo». Nel corso del ventennale del G8 a Genova Claudio e Milena si reincontrano e, tra un’ombretta e l’altra nell’osteria marinara, discutono del decennale della morte del fondatore della Comunità al porto e dell’idea di una graphic novel . Nasce così Allargo le braccia e i muri cadono. Don Gallo e i suoi ragazzi, Feltrinelli Comics. Non una agiografia ma un racconto collettivo, una narrazione di parte, un ritratto a più voci delle persone che conoscevano il prete di strada e dei ragazzi della Comunità che hanno lavorato per anni a stretto contatto con lui. La voce più rappresentata è senza dubbio quella di questi ultimi, accanto ad essi anche il ricordo di personaggi come Faber, Vasco Rossi, Dori Ghezzi, don Ciotti, Maurizio Landini, Casarini. Insomma Calia ci offre una efficace ripresa a volo d’uccello sul mosaico esistenziale del prete che accanto a Vangelo e Costituzione teneva sempre Il Capitale.
La Comunità di San Benedetto al Porto a Genova è un mondo «altro», nasce nel 1970 quando don Gallo, che quindicenne aveva incontrato la Resistenza, viene rimosso dalla Curia dalla chiesa del Carmine per aver difeso dei ragazzi che si trovavano in un appartamento per fumare le canne. A messa affermò che «le narco mafie non si trovano certo dentro gli appartamenti degli studenti». Ordinato sacerdote nel ‘59, si ispira alla pedagogia di don Milani quando nel ‘60 viene inviato a occuparsi di un riformatorio per minori. Diventa ben presto un prete scomodo e la Curia se ne vuole liberare inviandolo a Capraia «Mi chiesero di scegliere tra obbedienza e rovina. Io scelsi l’obbedienza. E per loro fu la rovina» diceva. Non va a Capraia e nei sei lunghi mesi seguenti nessuno lo accoglie, tranne un altro sacerdote coraggioso, don Federico Rebora, a sua volta pressato dalla Curia affinché cacci il suo ospite. Ed è così che, pur tra molte difficoltà, nasce la Comunità. L’incipit della graphic novel è un tributo all’impegno di don Gallo durante il G8, fa capire subito inoltre da che parte sta lo stesso autore. Heidi Giuliani, la mamma di Carlo, ricorda il prete di strada come un compagno, un fratello maggiore, un uomo vero. Prima di arrivare a Genova però Calia passa per la casa di quartiere di Alessandria, in via Verona, uno spazio enorme dove si svolgono molte attività, bimbi che giocano, studenti che studiano. Fabio, negli anni ‘80 ex tossico, che un tempo teneva i contatti tra don Gallo e il mondo esterno, oggi gestisce due comunità residenziali, una a Frascaro e una a Genova, e assieme a Graziella racconta le sue esperienze. Parla anche Federico che a 23 anni, nel 2015, ha lavorato nella casa di quartiere San Benedetto al Porto e ora al Drop-In di Alessandria difende le persone che usano sostanze.
Le interviste proseguono quindi a Genova dove Claudio incontra Lilli, la segretaria da 30 anni della comunità, entrata come soggetto curato. La donna sottolinea il fatto che don Gallo era prima di tutto un cittadino e poi un prete. Non parla Patrizia detta pittbull, ma Domenico, un collaboratore di Basaglia, spiega come attraverso di lui da Genova don Gallo esportò a suo tempo la sua esperienza a santo Domingo dove un hotel viene trasformato in una comunità che ospita «pazienti» da trent’anni. C’è poi Megu, portavoce di don Gallo durante il G8, infine volontario militante antiproibizionista e no global, che contribuisce a rigenerare il centro storico attraverso alcuni progetti come la Casa di quartiere. Un lavoro a tempo pieno. Rossella Bianchi è presidente dell’associazione Princesa che si occupa di trans, con lei don Andrea ha praticato «una ribellione pacifica e costruttiva».
Calia non è nuovo ad imprese all’insegna dell’impegno militante. Alle spalle ha Porto Marghera – La legge non è uguale per tutti col quale nel 2007 descrive la lavorazione tossica del CVM, che al petrolchimico ha ucciso 157 operai di cancro ed è stato causa del disastro ambientale nella laguna di Venezia. Nel 2008 ha pubblicato È primavera – Intervista a fumetti a Antonio Negri, e tra i numerosi altri lavori nel 2012 il Dossier TAV, una questione democratica e nel 2014 Piccolo Atlante Storico Geografico dei Centri Sociali Italiani.
Una notazione sui colori che vengono utilizzati per distinguere il presente dal passato. L’unico colore rosso è quello della sciarpa di don Gallo e poi c’è la bandiera arcobaleno, simbolo prima della pace ed oggi della comunità Lgbt.
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