I pugili del Quarticciolo
Sport Nella borgata dell'abbandono due giovani boxeur danno vita a una palestra popolare per verniciare di arcobaleno un futuro possibile
Sport Nella borgata dell'abbandono due giovani boxeur danno vita a una palestra popolare per verniciare di arcobaleno un futuro possibile
Medaglia d’Oro. Così chiamata perché posta a quattro miglia da Porta Maggiore -varco al centro capitolino- la borgata del Quarticciolo sorse alla fine degli Anni Trenta e fu subito una spina rossa nel fianco del regime morente, tessera del quartiere Centocelle che nella guerra al nazifascismo meritò la Medaglia d’Oro. Luogo anche odierno di Resistenza civile: nella lotta al degrado, all’isolamento, alla solitudine, ai nuovi squadristi. Ove brilla una palestra di pugilato e parkour -aperta a grandi e piccini- promossa da una coppia di giovani evoluti: Emanuele Agati (per tutti Manu) e Giovanni Cozzupoli (Gianni), tecnici federali della Federazione Pugilistica Italiana. La Palestra Popolare del Quarticciolo (PpQ) è autofinanziata, ha costi “sociali” di partecipazione ai corsi davvero esigui (15 euro mensili fino a 15 anni, 25 gli adulti, zero i nullatenenti), in tempi rapidi è divenuta punto di riferimento ben oltre la realtà locale, ad essa guardano con rispetto e sostegno concreto persone note e non.
Come il rapper Achille Lauro che non dimentica le sue origini né che in quella palestra girò il video Midnight Carnival ed alla quale la scorsa estate donò un defribillatore: i ragazzi lo hanno ringraziato sui social: “non è cosa scontata ricordarsi da dove si proviene, uno dei nostri motti è dalla Borgata, per la Borgata e questa è anche la tua storia, grande Lauro”. O come i comuni cittadini che, col crowdfunding (spese documentate al centesimo sul web) e una solidale stampa autografata di Zerocalcare, hanno consentito di acquistare “una caldaia per l’inverno e per farsi una doccia dopo gli allenamenti”. In una struttura dove “l’impegno degli istruttori, di chi fa le pulizie, di chi segue l’amministrazione, di chi ha lavorato per il recupero dell’immobile, è completamente gratuito”.
In un quartiere dove “mancano alternative alla vita di strada, dove in moltissimi non si iscrivono nemmeno alle superiori, dove fare sport era un privilegio concesso solo a chi poteva permettersi palestre private”.Amr e Fabrizio“Abbiamo costruito una comunità solidale” dicono Manu e Gianni. E mantengono viva la memoria degli invisibili -anche cooperando con altre realtà di base- attraverso manifestazioni sportive tipo quelle dedicate a Fabrizio Ceruso, diciannovenne in lotta per la casa a San Basilio e ucciso dalla polizia nel settembre 1974. Mentre già configurano l’inevitabile tendenza policroma di un’Europa in declino demografico: l’adolescente Amr Abdallah il 4 marzo 2018 ha vinto il Torneo regionale esordienti di categoria (Youth 64 kg), prima gara assoluta per la società sportiva del Quarticciolo.
La PpQ è dunque un filo rosso fecondo, le esistenze di Agati e Cozzupoli sono esse stesse album proletari. Manu è il “ragazzo problematico” nato nel 1990 che a sedici anni una madre sensibile spinge sul ring decretandone la fioritura; nel 2011 va quattro mesi a San Paolo (favela di Jandira) per assistere bambini nell’asilo nido di un’Ong brasiliana e rimane colpito dal “forte clima solidale in seno al povo” dei miserabili, a tal punto da ipotecare il suo futuro in quello spirito e in un’Italia che pare aver dimenticato quella collegialità vibrante: s’impegna nelle battaglie universitarie, si laurea in Scienze politiche, milita nei collettivi e nei movimenti per il diritto alla casa, occupa stabili, fonda la palestra, miete reddito per vivere in “una start up di percorsi ludico-culturali per turisti e romani”.
Gianni è nato nel 1985 ad “Archi, un quartiere disastrato di Reggio Calabria”, padre edile, dirigente Cgil, “coltissimo, marxista e comunista fino all’osso, musicologo appassionato”; vita di strada e liceo, poi Londra, e Roma dal 2007 (laurea in Psicologia), dove centri sociali e politica attiva lo accomunano al percorso di Manu; sbarca il lunario facendo l’istruttore “in una palestra commerciale”.Riprendiamoci la cittàNel 2015 con altri giovani del collettivo Red Lab (laboratori nelle scuole, feste in piazza, sportello legale…), Gianni e Manu occupano un fatiscente seminterrato (di proprietà pubblica -Ater- come tutte le palazzine del Quarticciolo) abbandonato da oltre vent’anni, per farne luogo di aggregazione e lotta “al deserto che avanza: costruire le alternative significa a volte semplicemente rimboccarsi le maniche, organizzarsi insieme, imparare l’uno dall’altro, realizzare ciò di cui si ha bisogno”. Riprendiamoci la città era lo slogan dei movimenti dal basso decenni fa, questi ragazzi lo hanno rispolverato e lucidato.
Le “condizioni catastrofiche” dello spazio comportano un anno di lavoro, reso possibile solo dal coinvolgimento degli abitanti che “partecipano attivamente al progetto”, riconoscendovi un posto sano per il ristoro e la ricreazione della mente e del corpo, “mettendo a disposizione tempo, competenze materiali, talvolta denaro: dal muratore all’imbianchino”.
Nell’ottobre 2016 la PpQ viene inaugurata e diventa centro propulsore di iniziative, in un “ambiente di relazioni umane che mette a proprio agio, stimola l’incontro, la discussione, la crescita, le lotte per il bene comune, e nel 2018 abbiamo creato un Comitato di quartiere”. Uscire dal ghettoLuogo di rinascita altresì individuale: in quest’epoca depressa di persone atomizzate, la pratica sportiva ha speciali virtù psicofisiche che favoriscono l’uscita dal ghetto (anche soggettivo) verso “un’armonia che la disciplina pugilistica -sostengono i nostri- offre per divenire soggetti consapevoli: nella boxe ti confronti e ti metti a nudo con te stesso, ti conosci meglio, mente e corpo dialogano”.
Una ragazzina le cui barriere interiori non la facevano più uscire da casa né socializzare con chicchessia, qui ha ripreso a vivere. Da qui si parte per lo sviluppo equilibrato delle molteplici potenzialità psicofisiche e l’eventuale competizione: “Amr aveva problemi a scuola, oggi va meglio pure lì, veniamo persino convocati e attentamente ascoltati”. Riconoscimento prezioso per giovani che innaffiano un deserto e lo vedono germogliare. Alla Ppq la promiscuità è il sale della vita, gli allenamenti fino a 14 anni sono comuni ai sessi, le femmine sono in numero prevalente. Un lievito di aggregazione e mutuo aiuto.
Che già oltrepassa i confini nazionali: la PpQ e l’analoga Valerio Verbano di Roma affiancano oggi l’iniziativa partita dalla Palestra popolare di Palermo in collaborazione con la ong siciliana Ciss (Cooperazione Internazionale Sud Sud) denominata “Boxe contro l’assedio”, che opera a Ramallah e Gaza, lager a cielo aperto dove gli israeliani alla Netanyahu ce la mettono tutta per annientare ogni forma di resistenza alla morte. Dove in palestre sghangherate manca il materiale basico per misurarsi sul ring, ma non mancano voglia di battersi, ardore, ambizione: gli italiani hanno portato guantoni, bendaggi, caschetti, paradenti, colpitori… formazione di istruttori. Hanno portato quella fraternità tangibile che “normalmente una palestra commerciale a fini di lucro non porta, la nostra è pura solidarietà internazionalista” chiosano i pugili del Quarticciolo.
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