I «prolet» e le banche
«Poi, poco a poco, la folla si infittì, vi furono sempre più persone in movimento e, nonostante fosse molto difficile accorgersene, un numero sempre più cospicuo di quelle persone avevano […]
«Poi, poco a poco, la folla si infittì, vi furono sempre più persone in movimento e, nonostante fosse molto difficile accorgersene, un numero sempre più cospicuo di quelle persone avevano […]
«Poi, poco a poco, la folla si infittì, vi furono sempre più persone in movimento e, nonostante fosse molto difficile accorgersene, un numero sempre più cospicuo di quelle persone avevano con sé valigette, zaini o borsoni di tela. Oscar sapeva che quelle persone dall’aspetto assolutamente normale facevano parte della cospirazione (…) Oscar presumeva che fossero tutti dei prolet radicali: dissidenti, Autonomen, nomadi, membri delle unioni per il tempo libero; in effetti, si trattava di un’ipotesi ragionevole, poiché un quarto della popolazione americana non aveva più un impiego e oltre la metà aveva rinunciato ad averne uno fisso. L’economia moderna non creava più un numero di posti sufficienti a occupare il tempo delle persone (…). In effetti – Oscar era giunto a questa conclusione soltanto dopo numerosi esami approfonditi del nastro – i prolet non sembravano nemmeno consapevoli di appartenere allo stesso gruppo. Oscar sospettava che molti di essi – forse la maggior parte – non sapessero neppure quello che stavano per fare. Poi, repentinamente, entrarono tutti in azione. (…) Esplosero alcune bombe fumogene e una fitta nebbia invase la strada. I borsoni, gli zaini, e le valigette vennero aperti e i loro proprietari ne estrassero, per poi distribuirlo agli altri, un arsenale in precedenza occultato: trapani elettrici, cesoie e martinetti pneumatici. I prolet avanzarono attraverso le nubi di fumo e si misero al lavoro come se fossero abituati a demolire banche ogni giorno»
(Bruce Sterling, Caos Usa, 1998, Fanucci editore)
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