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I profittatori della malasanità

I profittatori della malasanità

In-civile La malasanità esiste e si vede. Ma siamo sicuri che l'eccesso di cause civili contro i medici sia davvero giustificato?

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 27 febbraio 2014

Circola sul web un video che mostra in primo piano la capoccia spelacchiata di un avvoltoio, poi ripreso in volo, spiegando allo stupito spettatore che si tratta di contrastare chi si nutre delle disgrazie altrui: in questo caso, respingere chi strapazza le carni dei poveri medici, annichiliti dal peso di cause legali ingiuste e soffocanti. Il video è infatti prodotto da «Amami», Associazione medici accusati di malpractice ingiustamente, per la campagna «Medici, pazienti, avvoltoi», ed è stato presentato a un convengo sponsorizzato dal ministero della salute. Ora, che c’azzecca tutto ciò con la giustizia civile?

Vediamo.

Ovviamente, che lo spot sia brutto dal punto di vista cinematografico conta poco ma lo diciamo ugualmente. Una ciofechetta: se vi piacciono i bei montaggi della pubblicità doc, lasciate perdere.
Il punto è che a sentirsi colpiti dal contenuto sono stati gli avvocati, a partire dalla loro massima istituzione, ovvero il Consiglio Nazionale Forense che ha annunciato una diffida contro il video, allargandosi fino a chiederne il ritiro dal web (dalle nostre parti, siamo contrari a ogni forma di censura) per i suoi «contorni diffamatori». Il Cnf non è stato l’unico, ma tanto ci basta. I medici accusati ingiustamente di malpractice (del caso, ogni iscritto Amami è latore di una sentenza a proprio favore, che sia penale o che sia civile? si spera di sì) hanno replicato sostenendo che lo spot era per tutti, pazienti per primi e camici bianchi compresi.
Ora, anche uno sprovveduto capisce che così non è, che la pubblicità è mirata a fare prendere le distanze dalle toghe, poiché le cause di malasanità hanno visto segnare un picco negli anni più recenti. Qui, allora, pur senza voler prendere partito fra i contendenti, ci si limiterà ad alcune osservazioni di buon senso.

Intanto, la malasanità esiste e si vede. Non è un’invenzione dei legali a caccia di clienti. In un paese dove la maggioranza dei primari viene nominata dai partiti, dove i topi albergano nei sottoscala ospedalieri, pare d’obbligo che il cittadino cerchi di tutelarsi anche in causa, con la richiesta di risarcimento del danno. D’altra parte, è vero che un eccesso di Doctor House ingurgitato dopo cena ha convinto il telespettatore (poi pessimo paziente) che la medicina sia una scienza esatta e la colpa delle sue mancate guarigioni sia solo dei medici. Le cause di malasanità, a nostro modesto parere, sono state intentate prima dalle associazioni di consumatori e poi dai singoli avvocati. Perciò, in effetti, lo spot vuole forse colpire anche queste categorie.

Terzo, infine, ogni causa prevede un avvocato per parte, cioè due. Quindi, almeno uno sarà da arruolare fra i buoni. O no? Perciò, è ridicolo prendersela con un’intera categoria. Se ci sono dei profittatori, fuori i nomi e i cognomi (che ci divertiamo molto di più). E, a questo proposito, si insista presso il neoguardasigilli perché imponga ai magistrati di abbandonare quello strumento diseducativo che è la «compensazione delle spese» di causa, spese che devono essere attribuite alla parte perdente, così da disincentivare le liti temerarie.

Chiudiamo con un brevissimo accenno (ci torneremo in prossime occasioni) alla revisione del codice deontologico forense, fresca di attuazione secondo i dettami della riforma 247/2012. Il nuovo codice ribadisce «il divieto di accaparramento di clientela, che si articola anche nella rilevanza disciplinare del fornire omaggi o prestazioni in luoghi pubblici o in luoghi dove per ragioni varie si raccolgono persone; né è possibile offrire prestazioni al domicilio degli utenti o personalizzate», come spiega il Cnf.

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