I positivi al Covid calano ma lentamente. Paura per la terza ondata
Preoccupano i 192 nuovi ingressi in terapia intensiva e i 634 morti Da inizio pandemia sono 238 i camici bianchi deceduti, il 50% tra i medici di famiglia. Sebastiani (Cnr): «È necessario prevedere per sei mesi lockdown intermittenti»
Preoccupano i 192 nuovi ingressi in terapia intensiva e i 634 morti Da inizio pandemia sono 238 i camici bianchi deceduti, il 50% tra i medici di famiglia. Sebastiani (Cnr): «È necessario prevedere per sei mesi lockdown intermittenti»
«La percentuale di positivi rispetto ai tamponi fatti scende ma lentamente, purtroppo»: è l’analisi dei dati fatta ieri da Gianni Rezza, direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute. Ancora elevati gli ingressi in terapia intensiva e il numero dei decessi: «Bisogna continuare con le misure decise – ha concluso – per evitare di far ripartire la curva, com’è successo in estate». Sono stati 14.842 i nuovi positivi al Covid comunicati ieri dal ministero, per un totale di 1.757.394 casi dall’inizio della pandemia. Le vittime 634, in crescita rispetto a lunedì (quando erano state 528). I test effettuati sono stati 149.232.
IL RAPPORTO TRA POSITIVI E TAMPONI ieri è stato del 9,9%, in netto calo rispetto al 12,3% di lunedì. I 192 ricoverati in terapia intensiva (37 in meno ma comunque un valore alto) portando il totale delle persone in rianimazione a 3.345. Nei reparti ordinari 443 persone in meno di lunedì, per un totale di 30.081.
Sono 737.525 gli attualmente positivi al Covid, 11.294 in meno rispetto a ieri. Il numero totale dei morti è salito a 61.240. Le regioni con il maggior numero di nuovi contagi sono state Veneto (3.145), Lombardia (1.656), Emilia Romagna (1.624) e Lazio (1.501). Al Sud preoccupano Sicilia (1.148) e Puglia (915). «La terza ondata in queste condizioni è una certezza. Siamo in una situazione “grave stabile”, ci attende un inverno preoccupante» è il commento del virologo Andrea Crisanti.
Preoccupano le feste di Natale. Così ieri è intervenuto Gaetano Settimo, del dipartimento Ambiente e salute dell’Iss: «Negli ambienti domestici c’è una scarsa attenzione al ricambio d’aria e questo può rappresentare un elemento di criticità per la diffusione delle particelle virali. Sarà fondamentale: aprire finestre e balconi per 5, 10 minuti ogni ora; ottimizzare i tempi in funzione delle persone e delle attività svolte; aprire le finestre lontane da vie trafficate».
IL MATEMATICO DEL CNR Giovanni Sebastiani racconta un’Italia a tre velocità: «Puglia, Veneto e Lazio presentano terapie intensive e ricoveri costanti con percentuale in aumento. Trento e Friuli Venezia Giulia terapie intensive in aumento e, per quanto riguarda il Friuli Venezia Giulia, anche i ricoverati. Per Trento il numero dei ricoverati è costante». I dati però potrebbero essere influenzati «dall’uso di test rapidi in combinazione con i molecolari, con numeri non noti. Ma il trend costante o in aumento dei ricoverati e delle terapie intensive parla chiaro. È necessario prevedere per sei mesi, un anno un sistema di lockdown “intermittenti” per raffreddare la curva».
OSSERVATI SPECIALI case, uffici, scuole, mezzi di trasporto e strutture sanitarie. Ed è proprio la categoria dei sanitari che sta pagando un prezzo altissimo: 5 i camici bianchi la cui morte è stata comunicata ieri, 3 erano medici di famiglia. Da inizio pandemia siamo a quota 238. Da ottobre sono deceduti in 59, a marzo circa 80. Pesante il bilancio nelle altre professioni sanitarie: 50 morti tra gli infermieri da inizio pandemia, 22 farmacisti
«Siamo tornati a marzo – ha commentato il presidente Fnomceo, Filippo Anelli -. Dobbiamo capire il perché di questa strage. Morti che nella seconda ondata non ci aspettavamo». Nel caso dei decessi tra i medici ospedalieri, spiega Anelli, «un peso rilevante lo gioca l’eccessiva pressione sulle strutture con turni di lavoro a oltranza a causa delle carenze degli organici». Il 50% dei decessi si registra tra i medici di famiglia: «la causa è con tutta probabilità l’insufficienza di dispositivi di protezione – prosegue -. Mancano guanti, calzari, visiere e tute. Inoltre, a causa di una presenza a macchia di leopardo delle Usca, a volte i medici fanno visite domiciliari senza le adeguate tutele».
AL MINISTERO hanno proposto di avviare un monitoraggio per «capire quale sia la situazione sui territori: in alcuni ospedali sappiamo che gli specializzandi devono acquistare le mascherine di tasca propria». La soluzione alla pandemia sono i vaccini. Il benestare dell’Agenzia europea per i medicinali al primo farmaco contro il Covid-19 dovrebbe arrivare entro fine anno. Sarà necessario un piano vaccinale capillare per il personale sanitario. Al ministero sono preoccupati: alla campagna anti influenzale le adesioni negli ospedali non hanno superato il 30, 40%.
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