I Poeti der Trullo, la street poetry della periferia
In versi «Metroromantici III, 2019-2023», la raccolta che inaugura una trilogia del gruppo
In versi «Metroromantici III, 2019-2023», la raccolta che inaugura una trilogia del gruppo
Il dialetto è la lingua materna. Con la loro scelta i Poeti der Trullo esprimono senza pudori la propria discendenza geografica e sentimentale. La mamma è Roma. Anzi, un quartiere in particolare, la borgata del Trullo. Siamo lontani dal Quarticciolo e dal V Municipio, dove hanno vissuto er Riccietto e gli altri, gli eroi scalzi di Pasolini. La stessa lingua unisce questa distanza. Questa poesia può aiutarci a capire se è cambiata la vita dei ragazzi di borgata. La pubblicazione di Metroromantici III, 2019-2023 per Interno Poesia (pp. 188, euro 15) inaugura una trilogia che ci farà conoscere tutti gli scritti di questa sorprendente batteria di poeti. «Amo il rap, te giuro zi’/ so’ cresciuto co’ Mtv./ Scambio il pop per hip hop/ co’ un miscuglio tipo wok».
PROCEDENDO A RITROSO, il secondo volume comprenderà le poesie del periodo 2015-2019. Per finire col botto. Potremo leggere, infine, le prime, dal 2010 al 2015. Ignorati da premi, critici e case editrici, la loro prima raccolta autoprodotta ha venduto 10 mila copie. Seguite dalle tremila della ristampa ampliata nel 2019. Inumi Laconico, Er Bestia, Marta Der III Lotto, Er Farco, Er Quercia, Sara G., quattro voci maschili e due femminili, non sappiamo se e quanto giovani d’età. Sono pseudonimi di identità non ancora svelate, che hanno dato vita a un movimento letterario che non ha pudore a definirsi romantico perché cerca l’amore e si muove nella metropoli, aderisce ai suoi luoghi, fa propri i suoi simboli. Questa è la street poetry, stile ibrido e insieme azione e intervento sui muri della città, anche attraverso un festival di poesia che unisce poeti e artisti. Nell’esperienza di questo gruppo il sentimento del sublime non sgorga dalla visione della bellezza ma dall’orrore del vuoto urbano. Qui sta il punto di leva. La loro esistenza è convessa, vuole riempire di senso, laddove i ragazzi di vita sprofondavano nella concavità della loro esclusione; vitalistica ma predestinata la condizione di questi, consapevole e aperta quella dei primi. «Ma, appunto, le coordinate della poesia non sono le uniche», come scrive Graziano Graziani nella prefazione, «per circoscrivere un fenomeno che parte dal basso, si inserisce sul corpo della città, sui muri, e diventa racconto corale di un quartiere, di una città, di una condizione».
SI RINNOVA LA POSSIBILITÀ di utilizzare la poesia come forma di riscatto. Ma anche come forma di resistenza al processo di indifferenziazione esistenziale, molto più atroce dell’omologazione sociale. Al risucchio narcisistico e autistico del sistema dei social loro si sottraggono grazie alla clandestinità dell’anonimato e con una guerriglia non-violenta e iper-testuale che lascia ogni sistema di potere con un pugno di moscerini in mano. Questo sciame letterario porta con sé l’eco di una musica nuova, che ha scoperto come trasformare la città senza contestare i suoi ritmi ma assecondandoli e plasmandoli. Così Er Trullo, come le periferie di ogni villaggio globale, può finalmente diventare un luogo di vita senza bisogno di prendere il potere, ma svuotandolo di ogni suo veleno grazie ad una poesia azione che è diventata biopoesia, una lingua che scandisce ogni istante del nostro passaggio sulla terra. «Canto che sémo anime sciolte/ qui collocate per dare la vita/ a un canto che arriva dove la notte/ prima de noi sembrava infinita».
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