I pm: «A giudizio l’ex ministro Lotti e il generale Del Sette»
Inchiesta Consip La procura di Roma ha formalizzato ieri la richiesta di rinvio a giudizio per sette persone coinvolte nella maxinchiesta Fm4 Consip, l’appalto per forniture alla pubblica amministrazione da 2,7 miliardi. […]
Inchiesta Consip La procura di Roma ha formalizzato ieri la richiesta di rinvio a giudizio per sette persone coinvolte nella maxinchiesta Fm4 Consip, l’appalto per forniture alla pubblica amministrazione da 2,7 miliardi. […]
La procura di Roma ha formalizzato ieri la richiesta di rinvio a giudizio per sette persone coinvolte nella maxinchiesta Fm4 Consip, l’appalto per forniture alla pubblica amministrazione da 2,7 miliardi. Un’inchiesta nata a Napoli intercettando l’imprenditore casertano Alfredo Romeo e poi spostata a Roma per competenza tra molte polemiche, legate innanzitutto alla fuga di notizie che ha compromesso da subito le indagini.
Tra i sette per i quali è stato chiesto il processo ci sono l’ex ministro Luca Lotti (accusato di favoreggiamento) e l’ex comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette, rivelazione di segreto d’ufficio il reato ipotizzato per lui dai pm.
I magistrati hanno invece chiesto l’archiviazione per il papà dell’ex premier, Tiziano Renzi. Nel filone sulla fuga di notizie, i pm hanno chiesto il processo anche per l’ex ufficiale del Noe, Giampaolo Scafarto, e per il generale dell’Arma Emanuele Saltalamacchia. Accusati di depistaggio ancora Scafarto e poi l’ex colonnello dell’Arma Alessandro Sessa. L’allora presidente di Pubbliacqua, Filippo Vannoni, è accusato di favoreggiamento. A implicare Lotti e Saltalamacchia è stato l’ex amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni: ai magistrati ha riferito che entrambi gli avrebbero rivelato l’indagine sulla società. Del Sette, invece, avrebbe informato l’allora presidente Consip, Luigi Ferrara, che era in corso un’indagine su Romeo.
Nel mirino dei pm anche l’amico di Tiziano Renzi, Carlo Russo, accusato di millantato credito.
In merito a Renzi senior, i magistrati scrivono che, nel corso dell’interrogatorio del 7 marzo del 2017, fece «affermazioni non credibili» fornendo una «inverosimile ricostruzione dei fatti», tuttavia «non è dato rinvenire alcun elemento che faccia supporre un accordo illecito con Russo».
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