sport

L’agonismo è quella forma di conflitto che ha un perimetro e regole ben definiti. Il perimetro definisce i luoghi e il contesto istituzionale dove si manifesta. Le regole definiscono i limiti della sua manifestazione. La violazione di uno dei due aspetti è sanzionato con una penalizzazione. La dimensione sociale che meglio rappresenta questa tendenza a governare il conflitto è lo sport.

Non è quindi un azzardo affermare che lo sport è la continuazione della politica con altri mezzi, cancellandone però le dimensione che le sono proprie: visioni del mondo che si scontrano, interessi sociali e economici alteri e oppositivi gli uni all’altri. È infatti la democrazia politica in salsa liberale che fa dell’agonismo la misura della sua esistenza e legittimazione. Non ci sono nemici nell’agire politico liberale, bensì solo avversari. Si possono condurre battaglie brevi o blitz fulminanti ma sempre all’interno di un quadro normativo che non prevede rottura. L’agonismo è dunque il simulacro del conflitto sociale, politico, di classe.

Non è però ignoto il fatto che sin dalla antica Grecia che l’agonismo – e dunque lo sport – svolge questa funzione preventiva del conflitto e della guerra, intesa come la continuazione della guerra con altri mezzi. C’è poi l’agonismo sportivo. Anche qui le radici sono antiche. Elemento che non ha impedito che lo sport diventasse una industria globale che plasma l’immaginario collettivo e contribuisce in maniera significativa alla formazione dell’opinione pubblica.

È questo ordine di problemi che il festival della filosofia di Modena, Carpi e Sassuolo affronterà da domani fino a domenica 18 settembre. Per tre giorni, secondo un consolidato format di successo, la filosofia scende quindi di nuovo in piazza. Lectio magistralis, incontri ravvicinati, performance artistiche, mostre (quest’anno ce ne è una dedicata agli album di figurine: al Mata di Modena con il titolo I migliori album della nostra vita) e un pubblico in ascolto che può rivolgere domande al relatore di turno.

Da questo punto di vista anche un Festival della filosofia ha molto a che fare con l’agonismo. Soltanto che la partita è tra più giocatori, bensì tra un relatore e un pubblico, che usa gli incontri non solo passivamente, ma anche come un momento di formazione e di accesso alla cultura altrimenti interdetto (tutte le iniziative live sono gratuite). Il «Festival della filosofia» è uno degli esempi di successo di come la spettacolarizzazione della cultura attivi un circolo virtuoso economico che vede la partecipazione della locale università, delle case editrici e della Fondazione San Carlo e di banche e imprese private.

Una kermesse che è cresciuta nel tempo, moltiplicando, anno dopo anno, gli incontri. Cercare di ricostruire un significativo filo rosso è sempre un’operazione unilaterale. Per quanto riguarda questa edizione, va segnalata la lectio magistralis della filosofo dalle politica Chantal Mouffe sulla «democrazia agonistica », l’intervento del filosofo francese Jean-Luc Nancy sul cosa è il pensiero critico, la relazione di Alessandro Dal lago sulla relazione del rapporto tra noi e gli altri, polarità imprescindibile dell’agonismo, cioè quella forma di occultamento del conflitto e dimensione propedeutica alla «messa all’angolo» dei migranti.

La parte del leone la svolgeranno ovviamente i filosofi e i sociologi. Zygmunt Bauman, ad esempio, affronterà il tema del «competere»; Nello Preterossi farà «emergere le categorie del politico», svelando così l’ambivalenza del lemma «agonismo». Sulla stessa scia le relazioni di Giacomo Marramao, Simona Forti e Nadia Fusini e Stefano Rodotà. Peter Sloterdijk parlerà invece di «esercizi sportivi». Ci sono infine relazioni che sparigliano le carte. Vanno in questa direzione la lezione di Marcello Musto sull’opera di Karl Marx e la lectio magistralisi di Paolo Virno sulla negazione. Il programma completo è consultabile nel sito: www.festivalfilosofia.it