Cultura

I pensieri che galleggiano

I pensieri che galleggianoGertrude Ederle

Sport «L’arte di nuotare» di Carola Barbero, per Il Melangolo. Storie, letteratura e musica s'intrecciano nelle virate in piscina. E compaiono alcune figure di atlete formidabili: come Gertrude Ederle, prima donna ad attraversare la Manica nel 1926

Pubblicato circa 8 anni faEdizione del 13 agosto 2016

Immerso nel cloro di una piscina, alle prese con la grigia melmosità di un lago o sospinto dalla salinità marina – chi nuota è pervaso da pensieri galleggianti e smette in tutti i sensi di avere i piedi per terra. L’acqua è un altro mondo e il nuoto è lo stile per viverlo.
Un agile eppure denso saggio di Carola Barbero (ricercatrice all’università di Torino) si tuffa in questa dimensione apparentemente sospesa, in realtà tutt’altro che marginale. L’arte di nuotare. Meditazioni sul nuoto (Il melangolo, pp. 123, euro 8) riempie la vasca della filosofia con la disciplina sportiva che è il naturale contraltare dell’atletica. E lascia schiumare l’attitudine trascendentale di ognuno al ritmo acquatico dell’esistenza.
Pagine asciutte, riflessioni inedite, idee appassionate. «Ho sempre nuotato con grande passione, liberandomi una vasca dopo l’altra. Quando nuoto penso sempre molto, ma fino a qualche anno fa non credevo che le mie meditazioni meritassero di essere condivise. Poi un giorno, parlando con un’amica, ho capito che forse mi sbagliavo. Così, quel giorno, sul treno ho preso la Moleskine nera e ho cominciato a scrivere», spiega Barbero.

È filosofia «orizzontale», alternativa, a stile libero, con un respiro diverso. Come sintetizza J. Pérez Azaustre all’inizio del suo Nuotatori, «Il nuotatore guarda il suo futuro». Così Barbero fa scivolare nell’acqua storie, arti, letteratura, musica con una sorta di virata continua verso il traguardo della consapevolezza che un tuffo non porta mai a fondo la vera anima. Anzi, «di fronte al mare la felicità è un’idea semplice» (Jean-Claude Izzo).

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Annette Kellerman

Quattro stili e altrettante tecniche di «guadare» l’elemento primordiale che terrà a galla anche senza più costume, occhialini, cuffia. In vasca si «rompe» il fiato: nuotare costringe alla solitudine, ma insieme manda in apnea la soggettività e costruisce il respiro della vita liberata. A dorso, l’orizzonte invertito apre in mare la visione del cielo: di nuovo Barbero ricostruisce suggestioni naturali che comportano scenografie del pensiero.

L’arte di nuotare si trasforma così in una staffetta che alterna versi di Prevert e Alda Merini, la canzone cui è legato indissolubilmente Modugno, citazioni di Scott Fitzgerald o Cheever. E una bracciata dopo l’altra, nelle pagine di Barbero respirano donne speciali. Annette Kellerman che nel 1907 a New York regala uno straordinario balletto all’interno di una piscina di vetro. Addirittura epica l’olimpionica Gertrude Ederle, che nel 1925 attraversa la baia da Manhattan a Sandy Hook in 7 ore e 11 minuti che significa record assoluto, maschi compresi. Ma non basta: la mattina del 6 agosto 1926 entra in acqua a Cap Gris-Nez e dopo 14 ore e 34 minuti approda a Kingsdown. Per la prima volta una donna attraversa la Manica a nuoto con un tempo destinato a resistere fino al 1950.

Un ottimo antidoto alla retorica di questi giorni sul dolore del fallimento di Federica Pellegrini a Rio. Le grandi, vere, incancellabili imprese forse non si esauriscono in quattro vasche. E magari vince ancora la nostalgia delle immagini in bianco e nero che nella storia del nuoto italiano accompagnano Novella Calligaris. Le prime medaglie alle Olimpiadi di Monaco e poi il 9 settembre 1973 all’edizione inaugurale dei Mondiali a Belgrado: 8’52″973 negli 800 stile libero valgono il titolo e il primato mondiale. Era allenata da Gianni Gross, recentemente scomparso, e da Bubi Dennerlein entrambi scampati il 28 gennaio 1966 alla tragedia aerea di Brema, la Superga del nuoto azzurro.

Tornando al saggio di Barbero, il pensiero si diluisce quasi in acquaticità perché l’arte di nuotare eccede lo sport e non si può nemmeno costringere alla tecnica. In vasca o in mare aperto, abbiamo un’attitudine naturale che combacia con una condizione mentale. Concepiti nel liquido amniotico, siamo fatti per bagnarci. Tant’è che a Roma l’ignoranza umana era definita dall’incapacità di leggere e di nuotare.
Al di là di alcune sbavature veniali (la data dei Giochi a Città del Messico o l’errore su Sydney), L’arte di nuotare accompagna il lettore in un’ideale attraversata dal tuffo al traguardo con i quattro capitoli dedicati ai diversi stili.

E alla fine, davvero, si sente l’acqua, come sintetizzava l’australiano Murray Rose tre volte oro a Melbourne 1956 (più uno a Roma 1960): «I nuotatori dovrebbero usare braccia e gambe come fanno i pesci con le pinne. E saper avvertire la pressione dell’acqua sulle mani per mantenerla nel palmo durante la bracciata». Un’arte, appunto. Ma anche la condizione umana fra terra e cielo.

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