I paesaggi di Eva Jospin si ispirano al barocco italiano
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I paesaggi di Eva Jospin si ispirano al barocco italiano

Se «l’arte ci rende immortali», come sosteneva Goethe riprendendo un concetto ben più antico, quando questa è espressione di un immaginario legato alla natura si colloca in una dimensione temporale […]
Pubblicato circa un anno faEdizione del 27 luglio 2023

Se «l’arte ci rende immortali», come sosteneva Goethe riprendendo un concetto ben più antico, quando questa è espressione di un immaginario legato alla natura si colloca in una dimensione temporale che, soprattutto se riportata alla nostra contemporaneità, mostra segnali sempre più evidenti d’instabilità, vulnerabilità, mutevolezza. Non per questo, nella sua straordinaria e complessa configurazione fisica è meno maestosa, impenetrabile, misteriosa, meravigliosa.

PROPRIO L’AGGETTIVO «meravigliosa», nell’accezione barocca di dispositivo mentale atto a suscitare un senso di stupore, traduce con estrema prossimità quella perizia tecnica (virtuosismo) con cui Eva Jospin (Parigi 1975) esprime, in armoniosa comunione con la propria poetica, un’idea di paesaggio che contempla la foresta, la grotta, il giardino, la serra, la sedimentazione e l’erosione delle rocce. Una sintesi delle declinazioni di un paesaggio, sia naturale che urbano, che è protagonista assoluto della scena, mutuato dallo studio e dalla conoscenza degli antichi maestri anche attraverso i ripetuti viaggi in Italia (nel 2016 è stata borsista a Villa Medici – Accademia di Francia a Roma) che l’artista francese interpreta prevalentemente attraverso l’uso del cartone e della carta (più recentemente anche del filo e del ricamo) che modella incidendo, tagliando, cesellando, sovrapponendo, assemblando, incollando per ottenere opere che sembrano dei «teatri dell’inconscio».

SPONTANEITÀ E ARTIFICIO si fondono in un territorio dai confini labili in cui l’illusione ha un volume, una profondità, una prospettiva come appare evidente anche nelle opere realizzate nel corso del 2023 – tra cui Stratification (Vedute), Forêt, Miramar, Grotte, Galleria – esposte in occasione della mostra Vedute (fino al 10 settembre), prima personale della figlia dell’ex ministro francese Lionel Jospin alla Galleria Continua di San Gimignano, in Toscana.

Diversamente da altre installazioni su grande scala, vere e proprie architetture immersive (ad esempio Panorama (2016) nel cortile del Museo del Louvre, Folie (2018) nel parco del Domaine de Chaumont-sur-Loire o Microclima (2022) nel flagship store di Max Mara a Milano) nell’antica sala dell’Arco dei Becci le opere hanno un carattere più intimo, senza tradire quella caratteristica che appartiene al linguaggio dell’artista incentrato sull’esaltazione del dettaglio. «Mi piace rapportarmi alla monumentalità perché, soprattutto nelle opere di grande misura, vi porto dentro la follia del dettaglio. Quando le opere sono riempite di dettagli si crea una possibilità d’invisibile, perché non è possibile guardare tutto» – spiega Eva Jospin – «Anche nel ricamo, con le diverse tecniche e i fili colorati, ci si può perdere come nella foresta. Ad un certo punto bisogna allontanarsi per avere la visione integrale dell’opera, ma se poi ci si avvicina nuovamente appare tutto diverso».

Quanto al riferimento al barocco, è particolarmente significativo per lei: «Nella mia utopia lavorativa c’è il giardino barocco italiano in cui è presente una concentrazione di tantissime cose che mi toccano. Per prima cosa c’è l’arrivo del rapporto della prospettiva per la costruzione dei giardini, i primi a essere disegnati prima della loro realizzazione. La progettazione è in relazione con l’architettura e la scenografia. Poi c’è la presenza delle grotte, edifici che giocano con l’illusione, il falso, un senso del decorativo che è strano e multiplo. Occorre prendersi del tempo per guardare un giardino barocco».

COME NEI GIARDINI citati dall’artista, elaborati attraverso l’eredità della cultura umanistica o in quelli d’inverno ottocenteschi, ma anche nella texture che forma la giacitura degli strati di un’ipotetica roccia preistorica che Jospin elabora realizzando calchi di gesso e cemento, affiora un universo onirico che conduce lo spettatore a un’introspezione forzata tra stupore e consapevolezza, spontaneità e artificio. «Tutto nasce dal bisogno dell’essere umano di passare per l’illusione per avvicinarci al vero. L’immaginazione ci aiuta a dare senso al mondo».I paesaggi di Eva Jospin
si ispirano al barocco italiano

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