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I nuovi falchi di Donald Trump portano l’odio in prima serata

I nuovi falchi di Donald Trump portano l’odio in prima serata

Usa Roger Ailes, cacciato da Fox News per molestie sessuali, è ora consigliere del candidato repubblicano

Pubblicato circa 8 anni faEdizione del 19 agosto 2016

Dalla fine delle convention in poi, di fronte al precipitare dei sondaggi, alle defezioni giornaliere di leader repubblicani e di supporters storici del partito, e al disgusto del grande pubblico di fronte alla sua querelle con i famigliari di un soldato americano di fede musulmana ucciso in Iraq, Donald Trump ha assunto uno sguardo sempre più stupefatto. Come se non riuscisse a capacitarsi di quello che sta succedendo. Quegli stessi «media» da cui, a forza di istrionismi e dichiarazioni shock, ha abilmente estorto più di due miliardi di pubblicità gratuita sono sfuggiti al suo controllo – non capiscono, si lamenta Trump come un bambino offeso, il sarcasmo della battuta su Obama fondatore dell’Isis, che però -aggiunge poi – forse non era sarcastica. Sorpresa: il candidato che piace agli elettori perché (a differenza di «crooked Hillary») «parla chiaro» è finito nella trappola della sua stessa retorica.

Il gioco della presidenza non è più così divertente, al punto che Trump – esibendo una versione annoiata del suo grottesco broncio mussoliniano – ha ammesso alla Cnbc che a novembre potrebbe anche essere sconfitto. In quel caso, ha detto, si prenderà una lunga vacanza. In barba ai milioni di elettori che hanno affidato a un palazzinaro di Queens, che si è fatto strada a forze di bancarotte, la speranza di un’esistenza al di sopra del margine di povertà. O hanno creduto -la promessa più falsa e pericolosa di tutte – nel ritorno a un’America più bianca e idilliaca di un quadro di Norman Rockwell.

Se, contro la sua tendenza abituale a negare la realtà, the Donald sta veramente contemplando la possibilità che, il gennaio prossimo, continuerà ad abitare nella dorata Trump Tower invece di trasferirsi alla Casa bianca, la strategia del candidato repubblicano per gli ottanta giorni che ci separano dall’elezione, non prevede un cambio di direzione. Anzi, il suo è un avanti a tutta: «(alcuni) vogliono una versione modificata di me. Ma io non amo le modifiche», ha detto Trump in un’intervista a Time che gli chiedeva cosa risponde a chi gli dice che sta sbagliando. E, negli ultimi due giorni, ha creato i presupposti per una corsa sulla dirittura d’arrivo in gran stile. Il suo naturalmente.

È di martedì la notizia che Roger Ailes, diabolico e temutissimo creatore di Fox News, da cui -a settant’anni – ha dovuto dimettersi il mese scorso, travolto da accuse di molestia sessuale, sarà, più o meno informalmente, il consigliere di Trump per i dibattiti con Hillary Clinton. Grande protetto e amico di Rupert Murdoch (che, accettando le sue dimissioni, gli avrebbe elargito 40 milioni di dollari in buonuscita), prima di fare di Fox News il megafono più potente e l’arma più micidiale della destra conservatrice, Ailes era stato lo stratega delle campagne elettorali di Nixon (1968), di Reagan e di George Bush. Proprio per Bush senior, era stato l’architetto del devastante spot «Willie Horton», che seppellì la campagna di Michael Dukakis, con l’illazione che il governatore del Massachusetts fosse così soft sul crimine che non avrebbe punito lo stupratore di sua moglie.

Considerando che, secondo i sondaggi, un sempre maggior numero di donne repubblicane avrebbe deciso di non votare per Trump, l’idea di farsi consigliare per i dibattiti contro la prima donna nominata alla presidenza Usa da un uomo che oggi è simbolo di un’intera tradizione di sexual harassment sul posto di lavoro, sembra poco logica, quasi surreale. Ma logica e realtà non sono mai state preoccupazioni di Trump. E nemmeno di Ailes, che attraverso Fox News ha fervidamente promosso la diffusione di bugie colossali come la guerra contro il Natale, l’esplosione della sharia in Usa, il certificato di nascita falso di Barack Obama, ogni sorta di nefandezza sui Clinton e così via.

Direttamente, o indirettamente, collegata all’entrata in scena di Ailes al fianco di Trump, e forse ancora più stupefacente, quella del nuovo CEO (!) della campagna, Stephen K. Bannon. Ex bancario per Goldman Sachs, riconvertito alla guerra santa del neo-populismo rilanciata dal Tea Party e fatta sua, salvo opportunistiche modifiche, da Trump, Bannon è il direttore editoriale del sito Breinbart News, uno pseudo Huffington Post della destra più estrema, anti-establishment, marginale, paranoica e complottista, dove Obama è «un fascista» che «importa musulmani», gli anticoncezionali rendono le donne «grasse e brutte», Planned Parenthood è «come l’Olocausto». Una retorica dell’assurdo in perfetta in sintonia con l’universo parallelo alimentato da, e in cui operano, la campagna Trump e Fox News. Bannon è inoltre autore di deliranti documentari/denuncia contro Occupy (Occupy Unmasked) e Hillary Clinton (Clinton Cash). «La paura è una buona cosa. La paura ti spinge all’azione», aveva detto in un’intervista del 2010, anticipando il mantra del «suo» candidato di oggi.

Preso alle strette su tutti i fronti, Trump conferma il cinismo, la vanità, la sciatteria e la pigrizia che, oltre a tutto il resto, rendono così spregevole questa sua scommessa per la Casa bianca: rilancia su se stesso (non gli piacciono le modifiche) e quindi (non avendo da offrire che un vuoto cosmico) su due esperti di comunicazione, scritturati appositamente per portare nel mainstream (come candidato, Trump è di fatto il leader del partito repubblicano) pensieri ancor più xenofobi, volgari, razzisti e misogini di quelli a cui ha già dato voce lui. Pensieri dettati da odio, ignoranza e paura, che in genere si coltivano in silenzio, sottovoce o ai margini della rete. Ma che, grazie a Trump sono arrivati in prima pagina e in prima serata. Dove sfortunatamente rimarranno almeno un po’.

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