I nuovi direttori e la cultura in lockdown
Biennale di Venezia Per una coincidenza le nomine di chi guiderà Danza, Musica, Cinema, Teatro per il prossimo quadriennio arrivano il giorno dopo la chiusura in Italia di sale e teatri. Una situazione sempre più difficile in un orizzonte pieno di interorgativi
Biennale di Venezia Per una coincidenza le nomine di chi guiderà Danza, Musica, Cinema, Teatro per il prossimo quadriennio arrivano il giorno dopo la chiusura in Italia di sale e teatri. Una situazione sempre più difficile in un orizzonte pieno di interorgativi
Come promesso dal presidente Roberto Cicutto, che aveva indicato la data di fine di ottobre, la Biennale di Venezia ha annunciato ieri i nuovi direttori artistici per il quadriennio 2021-2024. Quasi tutto previsto a cominciare dalla riconferma di Alberto Barbera alla guida della Mostra del cinema che dopo la scorsa edizione – la prima in presenza per un grande festival dalla fine del lockdown mondiale – appariva abbastanza nelle cose. E del resto: visti i risultati perché cambiare? Lo stesso vale per il Teatro, il nome di ricci/forte circolava da qualche mese, e così per gli altri settori, Wayne McGregor per la Danza, Lucia Ronchetti, unico nome femminile nelle quattro arti, alla Musica.
QUELLO che rende queste nomine un po’ surreali è il momento in cui arrivano, non per «colpa» di qualcuno, questi sono i tempi obbligati per consentire ai direttori di iniziare il lavoro di programmazione. E però suona un po’ strano immaginare un festival del cinema in sala o spettacoli e concerti per un pubblico il giorno dopo la chiusura di cinema e teatri in Italia. Che riapriranno il 24 novembre dice il Dpcm – lo speriamo ma ci crediamo poco che i tempi siano questi, e se si allungheranno la situazione sarà davvero difficile.
Per il cinema soprattutto l’orizzonte si fa sempre più incerto, almeno quello delle sale. La ripresa è stata stentata – a dispetto dell’importanza data dal governo in termini di numeri a cinema e teatri nel determinare la curva epidemologica. Il mercato americano è paralizzato, i colossi dello streaming, Netflix in testa hanno dimostrato – proprio alla scorsa edizione della Mostra – di non essere così interessati alle sale, tanto che molti titoli che avrebbero potuto aiutare nel rilancio sono finiti direttamente sullo streaming. Lo stesso vale per le major, vedi Disney con Mulan.
E se il teatro o i concerti sono più difficilmente rimpiazzabili da una visione «digitale» – contrariamente a quanto affermano alcuni – il cinema è già vi è già stato dirottato, mentre la realtà della sala se non sostenuta rischia di estinguersi. Non è solo un problema di soldi ma di abitudini, di «ritualità».
IL FUTURO DUNQUE è incerto – immaginiamo la difficoltà dei neo- direttori. Se fossimo in un b movie di fantascienza potremmo immaginare un festival «in presenza» di cinema , teatro, danza, musica perché è estate, forse il virus è in vacanza, in una roccaforte dove pochi e testatissimi ne usufruiscono mentre gli altri «godranno» quelle proposte sul divano di casa online. Ma oggi a pensarci bene non è così «fantascientifico».
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