I nemici Zelensky e Assad padroni della scena a Gedda
Lega Araba Al vertice in Arabia saudita giunge a sorpresa il presidente ucraino. Dopo 12 anni il leader siriano torna ad avere un ruolo nella Lega
Lega Araba Al vertice in Arabia saudita giunge a sorpresa il presidente ucraino. Dopo 12 anni il leader siriano torna ad avere un ruolo nella Lega
Il vertice della Lega araba, appuntamento da tempo di scarso peso nonché rappresentazione di un organismo politico in decomposizione, ieri all’improvviso ha riconquistato le prime pagine dei media di tutto il mondo accogliendo a Gedda il presidente dell’Ucraina, Volodymir Zelensky, e per aver reintegrato il leader siriano Bashar Assad dopo 12 anni di isolamento nel mondo arabo. Una mezza sorpresa, quella del globetrotter Zelensky, cucinata dal controverso, a dir poco, principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Mbs). Si sussurra che Mbs abbia invitato Zelensky a Gedda per compiacere gli alleati americani turbati dai buoni rapporti che il regno saudita mantiene con la Russia e Vladimir Putin e irritati dalla decisione di Riyadh, per anni nemica accanita di Damasco, di invitare Bashar Assad, alleato di Mosca.
Zelensky ha detto ai capi di Stato e di governo dei 22 paesi membri della Lega araba che riceveranno il testo di un suo piano di pace in dieci punti che sono chiamati a sostenere. Si è quindi proposto come protettore della comunità musulmana della Crimea. Ma a Zelensky premeva soprattutto incontrare il potente Mbs con l’intento di indirizzare verso l’Ucraina fondi ed investimenti sauditi. Inoltre, ha provato a convincere Riyadh a raffreddare i buoni rapporti con Putin. «Sono grato a Mohammed bin Salman per aver sostenuto l’integrità territoriale e la sovranità dell’Ucraina», ha detto Zelensky che poi è partito per il G7.
Recuperata la scena, il leader siriano Assad ha esortato gli arabi a cogliere «l’opportunità storica» della pacificazione per riorganizzare gli affari interni senza ingerenze straniere. Per Assad, le crisi nella regione sono «causate da crepe nell’arena araba» ma, ha sottolineato, «le minacce portano rischi e opportunità». Oggi, ha proseguito, «ci troviamo di fronte all’opportunità di cambiare la situazione internazionale che vede il dominio di un Occidente senza principi e morale». Il riavvicinamento tra arabi, ha continuato il presidente siriano, è motivo di speranza perché potrebbe segnare «l’inizio di una nuova fase di azione di solidarietà araba finalizzata a sviluppo e prosperità invece di guerra e distruzione». Assad infine ha esortato a «consolidare la cultura araba» per definire «l’identità araba con la sua civiltà».
Assad torna a recitare un ruolo nella Lega araba dopo esserne stato estromesso, su pressione saudita e qatariota, dopo l’inizio nel 2011 delle proteste popolari in Siria represse dal governo e di un conflitto interno – almeno 350mila morti e milioni di profughi – alimentato dagli appetiti contrapposti di potenze regionali e internazionali. E in queste ore sorride pensando alla sconfitta del suo principale avversario arabo, il Qatar, sponsor principale della Fratellanza islamica nemica del potere della sua famiglia. Doha si è coordinata con gli Stati uniti per abbattere Assad e nel 2013 ha anche consegnato l’ambasciata siriana alla Coalizione Nazionale, la principale forza siriana anti-Assad. Ma il leader siriano non è crollato, grazie al sostegno militare ricevuto da Russia e Iran, e Doha ha dovuto fare i conti con la realtà. Così all’inizio di questo mese ha ritirato con riluttanza l’opposizione all’iniziativa saudita di riammettere la Siria. Siamo di fronte al ridimensionamento della ambiziosa politica estera del Qatar che ha dovuto piegarsi agli interessi di Riyadh e di Abu Dhabi con cui per lungo tempo ha avuto rapporti tesi. Nelle ultime settimane, il Qatar ha avuto poca voce in capitolo nei colloqui di pace tra il movimento Houthi dello Yemen e l’Arabia saudita, o nel cercare di porre fine ai combattimenti in Sudan.
Ieri sera i leader dei 22 paesi della Lega araba nella dichiarazione finale del vertice hanno concordato di risolvere le sfide regionali e affermato «l’importanza di intensificare gli sforzi per raggiungere una giusta soluzione della questione palestinese» e hanno posto l’accento sulla necessità di raggiungere una «soluzione politica globale alla crisi yemenita» e di «intensificare gli sforzi arabi per aiutare la Siria a superare la sua crisi». In merito al conflitto in Sudan, la dichiarazione finale descrive i vari incontri tra le parti sudanesi «come un passo su cui costruire per uscire dalla crisi».
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