È stata inaugurata ieri a Napoli (ma l’apertura al pubblico è prevista da lunedì 15 fino all’8 marzo prossimo, dal lunedì a venerdì con orario 10-14, a Palazzo Scarpetta in via Vittoria Colonna 4, sede della Fondazione Eduardo De Filippo) una mostra che si prefigura particolarmente interessante e attuale. A quarant’anni dalla morte del «maestro» per eccellenza della scena partenopea e anche nazionale di oggi come del secolo scorso (e a settanta dalla riapertura del suo teatro, il San Ferdinando, avvenuta per il personale impegno di lui nel gennaio del 1954) vengono esposti I miei colori per Eduardo, ovvero le immagini del lavoro di costruzione visiva per scene e costumi che Bruno Garofalo (grande maestro a sua volta, che all’apertura è stato presente) disegnò per l’andata in scena di quei testi-capolavoro da parte della Compagnia di Eduardo prima e poi da suo figlio Luca). Sarà un omaggio importante (già l’orario rivela il proprio target in nuove generazioni di studenti) a un patrimonio della scena e della cultura nazionali, capaci di scandagliare in anticipo profondità e contraddizioni di una società in trasformazione. Oltre al fatto di rimettere in qualche modo ordine rispetto a certe letture che hanno suscitato negli ultimi tempi non poche discussioni, di critica e di pubblico (come quelle sollevate dalla «modernizzazione» un po’ meccanica dei testi eduardiani fatte in Rai, ancora recentissimamente, da Sergio Castellitto). La mostra di Palazzo Scarpetta offrirà quindi l’occasione di suggestioni e riflessioni utili allo spettatore di oggi, con le immagini e i suoi materiali video. A firmarne la cura è Francesca Garofalo, e una garanzia viene anche dalla presenza di Maria Procino che dei materiali eduardiani è conoscitrice e studiosa appassionata e autorevole.