I «gufi» che soffrono l’ora legale
Il fatto della settimana Stress, alterazioni del sonno e dell’attenzione, problemi cardiovascolari. A un terzo della popolazione cambio di orario e jet lag fanno male
Il fatto della settimana Stress, alterazioni del sonno e dell’attenzione, problemi cardiovascolari. A un terzo della popolazione cambio di orario e jet lag fanno male
Il nostro orologio biologico sballa al passaggio tra l’ora solare e l’ora legale. Una sfasamento che non piace né al master-clock, cioè all’orologio principale che abbiamo nell’ipotalamo, né ai meccanismi che regolano i ritmi di ciascuno dei nostri organi, presenti persino nelle cellule. Non siamo tutti uguali: ad un terzo della popolazione la lancetta avanti e indietro non crea problemi, su un terzo ha effetti variabili, però ad un altro terzo può procurare fastidi di vario tipo, da un generico stress, fino a problemi cardiovascolari, alterazioni del sonno e dell’attenzione. Ne risentono di più i metodici di ogni età insieme con anziani, bambini e adolescenti.
Basta un’ora sola a scombussolare i nostri ritmi? «Sì, anche un’ora può causare stress all’organismo, non ci sono dubbi – ci spiega il professor Roberto Manfredini, cronobiologo, professore di Medicina Interna presso l’Università degli Studi di Ferrara – fino a qualche decennio fa si pensava che il nostro organismo potesse affrontare senza problemi un jet-lag di quattro o cinque ore. Ma negli anni Novanta, uno studio sulla performance sportiva delle squadre di baseball negli Stati Uniti, dove ci sono 5 fusi orari nella zona continentale, ha messo in evidenza che la maggior parte delle vittorie avveniva contro le squadre che provenivano da est, quelle che più risentivano degli spostamenti, anche di 1 o 2 ore. Altri studi hanno successivamente confermato questo dato, tanto che la Nba, per esempio, ha modificato il calendario per evitare che alcune squadre fossero svantaggiate rispetto ad altre. Dunque, il passaggio da ora legale a ora solare, e viceversa, ha l’effetto di un mini jet-lag ed è a tutti gli effetti un de-sincronizzatore del nostro orologio biologico».
UNA RICERCA APPENA PUBBLICATA dallo stesso Manfredini sul Journal of Clinical Medicine mette in evidenza che nelle settimane che seguono lo spostamento di orario c’è un aumento del 5% degli infarti dovuti all’alterazione del ritmo circadiano, il meccanismo interno che regola i nostri ritmi biologici sulle 24 ore. «Lo spostamento più problematico per l’organismo è quello di primavera, dall’ora solare all’ora legale, quando perdiamo un’ora di sonno – dice Manfredini – perché il ritmo circadiano dura in realtà un po’ di più di 24 ore, come se l’organismo fosse settato per una giornata leggermente più lunga. Questo spiega come mai sopportiamo meglio il cambio di fuso orario quando andiamo verso Ovest, e la giornata si allunga, che verso Est. Sappiamo che quando ci spostiamo verso Ovest i tempi di recupero sono di 1 ora e 30 minuti al giorno, mentre se andiamo verso Est i tempi di recupero si accorciano a 1 ora al giorno, quindi serve più tempo ad adattarsi».
Manfredini non ha dubbi che andasse abolito lo scatto semestrale dell’orario anche perché, oltre ai dati sulla fisiologia, «esiste un’ampia letteratura non medica su incidenti stradali, pedoni investiti, visite mediche prenotate e non effettuate, solo per fare alcuni esempi, che incidono per l’un per cento del Pil e vanificano il risparmio energetico, ovvero il fine per cui era stato introdotta l’ora legale», dice Manfredini.
SONO I «GUFI» A SOFFRIRE MAGGIORMENTE del cambio di orario primaverile, ovvero le persone più attive la sera, rispetto alle «allodole», quelle che rendono meglio la mattina presto. I termini gufo e allodola, in cronobiologia, identificano il cronotipo dell’individuo che ha scritto nel proprio patrimonio genetico la predisposizione a fare molto tardi o meno, una caratteristica che difficilmente si può cambiare: chi è gufo non diventerà mai allodola, dicono gli esperti, semmai un gufetto. Si stima che i gufi siano il 25% della popolazione, mentre le allodole solo il 5% (il restante 70% è neutro).
«Il cambio di orario primaverile provoca una privazione di sonno e quindi un maggior rilascio di cortisolo, l’ormone dello stress, che spiega la maggior incidenza di eventi cardiocircolatori acuti nei giorni successivi al cambio di orario – spiega il professor Luigi Ferini Strambi, direttore del Centro di Medicina del Sonno dell’IRCCS Ospedale San Raffaele – ma una volta che si siamo adattati, grazie all’ora legale aumenta l’esposizione alla luce e il nostro organismo rilascia più serotonina, l’ormone del benessere e del buonumore. Maggior luce significa anche più opportunità di fare movimento fisico e maggiore produzione di vitamina D, che esercita un ruolo protettivo anche rispetto al cancro. Quindi, se dobbiamo scegliere un orario, penso possa essere più vantaggioso quello che favorisce la maggiore esposizione alla luce, quindi l’ora legale».
L’OCCASIONE È IMPORTANTE per ripensare ed eventualmente rimodulare i tempi di vita, di studio, di lavoro. Costringere un «gufo» a lavorare o studiare la mattina presto, o un’allodola la sera tardi, può essere controproducente perché non aiuta né la produttività né il benessere individuale.
«Auspico che si possa prendere una decisione sulla base di fondate valutazioni scientifiche – aggiunge Ferini Strambi – andrebbe avviata una riflessione sui tempi, in cui si possa ribadire l’importanza del sonno come elemento di benessere. Negli Usa alcuni stati hanno posticipato l’orario di inizio della scuola perché si sono resi conto che la privazione di sonno aveva un effetto negativo sulle prestazioni cognitive degli studenti».
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